VOCI FUORI DAL CORO

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani.

Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano.

 L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita.

 Perciò odio gli indifferenti.

 Antonio Gramsci 

 

Nella “Gabbia” di Paragone, su La7, accadono cose di un certo interesse: Il blogger che grida per non far parlare Diego Fusaro (filosofo coraggiosamente marxista, uno dei pochi in circolazione a possedere un pensiero critico) è l’anima più nera del neoliberismo: quella che si materializza nel corpo della cosiddetta sinistra, ovvero di una sinistra che non è più tale.

Viene voglia di proclamare la resa : qualunque confronto politico, oggi, è tarato su un registro basso, puntuale, pratico della vita politica.
Nessuno – o quasi – ha lo scarto, il sussulto di affrontare temi fondamentali, la lotta di classe strisciante e non detta, i dispositivi transnazionali di cattura del debito e dell’imposta, il drenaggio di ricchezza dal basso verso l’alto.
Rispetto ai quali temi quasi l’intera classe politica ha la responsabilità di essersi negata, e poi prostituita agli interessi dei gruppi bancari, multinazionali, corporativi.
Si parla dentro al sistema, mai sul sistema! Una cosa che corrisponde esattamente alla tristezza di immagini, circolanti nella rete e in qualche sparuto programma televisivo (mai nei telegiornali di stato!), che ripropongono individui soli, desolati che piangono o si incazzano per la strada e mai masse, cortei, individui organizzati da un pensiero comune, da un comune interesse, che facciano strizzare il culo al potere! Le poche cose che passano riguardano situazioni lontane nello spazio (Grecia, Brasile, Spagna) o nel tempo (il G8 di Genova, ormai trasformato in mito e dunque privato di una buona parte della sua carica eversiva).

Poi c’è l’altra, anch’essa fondamentale, questione della qualità del linguaggio politico. Che non è – come qualche buontempone potrebbe pensare – un problema di galateo, di buone maniere.

Gianni Cuperlo, in questi giorni al centro di una nota vicenda in cui si intrecciano carattere e cultura,  è la dimostrazione che in questo paese di cialtroni, i migliori (o i meno peggio….) stanno dietro (e anche parecchio) e davanti si trovano le mezze calze. La civiltà politica, il grado elevato di profondità dell’etica che inevitabilmente si accompagna all’azione politica, schiacciate dal rampantismo, dalla telegenia, dal bullismo generazionale.

Se perfino uno come Giorgio Cremaschi, da sempre reduce di una gloriosa stagione di lotte, si lascia trascinare nel dibattito sulla legge elettorale e dunque si fa sviare dall’unico, vero, discorso che conta, ovvero quello del necessario superamento della nozione di democrazia come è implementata nel sistema del capitalismo contemporaneo, vuol dire che rimane una sola possibilità: la ricostruzione di un movimento politico che riaffermi il primato del conflitto, della contrapposizione dialettica, è molto probabile che venga dal basso, magari dalle tante vitali cellule delle community disseminate nella rete e nei social network. E non più dal sistema del partito che media, organizza e promuove.

 

 

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it