Violenza sulle donne: riflessione e analisi della Consulta Femminile di Ragusa

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il testo della presidente della Consulta Femminile del Comune di Ragusa, Giuseppina Pavone, trasmessa a vari organi politici e di controllo circa i casi di violenza sulle donne.

 

“Il recente episodio di violenza sessuale su una giovane donna del ragusano rimarca ancora di più, caso mai ce ne fosse bisogno, l’urgenza di un ‘piano d’interventi’ quanto più possibile unitario e condiviso, mirato a produrre risultati efficaci e duraturi nel tempo.
Il persistere di comportamenti lesivi della dignità della donna (in tutte le loro forme e modalità espressive) non solo ne evidenzia la drammaticità, che investe aspetti psicologici, umani, sociali, economici, formativo-educativi, nonché giuridici, della sicurezza e, in definitiva, politici, ma dimostra a chiare lettere che le azioni poste in essere ad oggi da Istituzioni e Organismi tutti (pubblici e privati), nonostante l’impegno profuso, risultano marginali e poco incisive in quanto a capacità di penetrazione nella consapevolezza della Comunità.
La caratterizzazione multidimensionale del problema attiva gli interventi, a volte settoriali, con il carattere dell’emergenza (seppure accompagnati da analisi spesso interessanti), finendo con l’agire sulla spinta emotiva del fatto contingente, mentre dalla Comunità emergono sentimenti di stigmatizzazione con toni, modi e linguaggi che raramente (spesso con difficoltà) si muovono nella direzione di un processo di elaborazione adeguato a produrre cambiamenti significativi, quando addirittura non ne invertano la rotta, fino alla “colpevolizzazione” della vittima (come si veste, se va in giro di giorno o di notte, “se l’è cercata” e altre considerazioni della stessa portata), anche se imponente è la complessità di sentimenti che manifestano considerazione, comprensione, vicinanza, solidarietà per la vittima. Non mancano le espressioni di rabbia, frustrazione, sofferenza, senso di impotenza … di fronte ad un dramma umano, sociale, collettivo, politico, percepito ormai come non più arginabili.

ANALISI E RIFLESSIONI
La violenza sulle donne tracima l’area della civile relazionalità donna-uomo, supera gli argini del rispetto, della riservatezza, del privato, dell’intimità della donna, violandone il corpo e lacerandone l’anima: è una ferita dell’essenza stessa della “femminilità” e lascia cicatrici indelebili che la donna sente come impresse nella carne tanto da far riemergere la stessa sofferenza ogni volta che quell’esperienza tocca un’altra donna, non ha importanza che sia vicina, lontana, in qualsiasi parte del mondo: é vissuta appunto, anche inconsapevolmente, come la “violazione della dimensione universale della femminilità”.
Poco meno di un anno fa lo stesso Presidente Mattarella affermava “La violenza sulle donne purtroppo non conosce confini geografici, distinzioni di classe o di età: è iscritta in tante singole biografie. In ogni sua forma, fino all’omicidio, non è mai un fatto privato né solo conseguenza di circostanze e fattori specifici, ma si inscrive in una storia universale e radicata di prevaricazione sulla donna”
Sono concetti fondamentali su cui questa Consulta femminile ha lavorato nel tempo, da sempre, sviluppando analisi ed elaborando riflessioni e proposte che ruotano attorno al nucleo del problema: “la matrice culturale che si inscrive nella storia universale e radicata di prevaricazione sulla donna”.
Da millenni si tramanda una ‘narrazione’ che non sembra diventare mai “storia passata”, piuttosto continua a presentare i caratteri della “drammatica attualità”, una narrazione che ha due soli capitoli:

• La SOLITUDINE DELLA DONNA: la donna è sola con se stessa; sola, di fronte alle Istituzioni che le danno il diritto formale di cittadinanza, ma hanno difficoltà a darle quello sostanziale, agito; sola, nel linguaggio (istituzionale, ma non solo) che le nega il riconoscimento come ‘individualità’, declinandola al maschile (nella lingua italiana il femminile si forma da un maschile che esiste, è già dato; il generico, l’ipotetico, l’esempio è maschile, e così via, e … nessuno fa nulla per modificare le cose!); sola, nel subire le discriminazioni nel lavoro; sola di fronte agli stereotipi che la cristallizzano in buona misura in ruoli, funzioni e compiti appartenenti ad una ‘realtà patriarcale’ che stenta ad essere superata; sola, nelle situazioni di abuso (nel senso ampio del termine); sola, quando si fa uso improprio della sua immagine nella pubblicità e nei media; in sostanza, sola, in una Società che nega la libertà alla sua femminilità.

• L’INQUIETUDINE DELL’UOMO; l’uomo è inquieto, quando non riesce a riconoscere il lato bello della ‘seduzione’, sostituendolo con la mera ‘conquista’ quale vessillo della virilità e del possesso (il rapporto con la donna è fortemente segnato dal verbo ‘avere’: “sei mia”, “l’ho posseduta”, “farò di tutto per riaverti” …); è inquieto, quando si rivela incapace di modulare i confini della spinta istintuale, mistificandola per ‘passionalità; è inquieto, quando nega a se stesso la bellezza e la capacità di emozionarsi (e di piangere, se è il caso) nel timore di apparire ‘fragile’ (… “l’uomo che non deve chiedere mai!”); è inquieto, quando considera ‘normali’ le avances fisico-sessuali (spesso sul posto di lavoro), dalle più semplici fino alle pesanti molestie, spacciandole per ‘innocenti galanterie’; è inquieto, quando considera ‘normali’ alcuni atti di vita quotidiana, specialmente nell’ambito della famiglia, che di normale hanno ben poco (ad es., essere anche solo verbalmente aggressivi e/o offensivi – usando magari epiteti irripetibili); è inquieto, quando pur sentendosi ferito, umiliato, arrabbiato, inorridito, sconvolto … di fronte alla situazione della donna abusata, non trova in sé la spinta per urlare il proprio sdegno, aspettandosi da altri le risposte risolutive, non rendendosi conto che ogni abuso, di qualsiasi tipo, agito su una donna è espressione di fallimento per ogni uomo!

Gli esempi riportati (sono solo alcuni) evidenziano una situazione incontrovertibile: un profondo malessere alberga nel corpo, nell’anima, nella vita sia della donna che dell’uomo, con ricadute negative imponenti per la Comunità e, in definitiva, per la Società tutta.
È chiaro che tutto ciò è insostenibile e inammissibile in un Paese e in una Comunità che si vogliono definire ‘civili’.
Alcune considerazioni vanno fatte.
In Italia abbiamo, in buona parte dei casi, delle buone leggi, pregevoli nella forma e nel contenuto, ma spesso, per vari motivi, ‘inapplicabili’ (o scarsamente applicabili) nella pratica (a volte, per difficoltà oggettive).
Uno dei cardini del nostro Ordinamento giuridico penale è rappresentato dalla ‘funzione rieducativa della pena’, anche ai fini del reinserimento sociale del reo, collocabile nell’ambito del concetto di PREVENZIONE (sul tema i dibattiti, ad oggi, non si contano!): ne parlano specificatamente la nostra Costituzione (art. 27 Cost.), la legge di riforma dell’Ordinamento penitenziario (L. 354/1975, art. 1 e, per il suo significato, l’art. 47 e segg. sulle ‘misure alternative alla detenzione’), altre normative successive di settore … fino alla recentissima L. 69/2019 su ‘disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica’ e di genere (denominata “Codice Rosso” ) in vigore dal 9 agosto scorso, che all’art. 6 fa riferimento a “ (omissis) … partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati”.

Riconducendo questi riferimenti al recente episodio di violenza citato all’inizio, sorgono spontanei degli interrogativi: una donna ha subito violenza sessuale da un uomo, recidivo, a suo tempo arrestato e dopo pochi mesi rimesso in libertà. Non ci permettiamo di esprimere pareri sulle scelte giudiziarie, ma ci chiediamo: era stato attivato, già al precedente reato, un ‘progetto di recupero’ con relativo ‘piano di valutazione e di follow-up? È stato effettuato l’affidamento ai Servizi del territorio? Dopo il primo reato, il nucleo familiare (quest’uomo ha moglie e figli!) è stato seguito dai Servizi Sociali per l’inevitabile disagio conseguente?
In Consulta sono emerse queste ed altre perplessità, mentre la Comunità tutta assiste sgomenta al susseguirsi di episodi di violenze di vario tipo sempre più frequenti.

POSSIBILI AREE D’INTERVENTO
Al di là del rischio di semplificazione, derivante dal ‘comodo’ alibi della retorica dei discorsi, riteniamo opportuno sottolineare le ‘aree’ che questa Consulta considera prioritarie per avviare un serio e responsabile impegno nell’approccio al problema della violenza sulle donne, facendo leva principalmente sulla prospettiva della PREVENZIONE.

Nello specifico::
 I contenuti
 Matrice culturale del problema: azione pervasiva nel contesto di tutti i ‘mondi vitali’ di donne e uomini con l’obiettivo di stimolare l’elaborazione di processi di matura consapevolezza in merito alle differenze psico-sessuali, al superamento della cristallizzazione dei ruoli, il tutto sostenuto dal concetto del valore e del rispetto della persona, della ‘non normalità’ della violenza
 La violenza in famiglia: la violenza domestica è “invisibile”, fa parte di quel sommerso difficile da far emergere e, quando emerge, assume sfumature altrettanto difficile da trattare, perché maggiormente radicate nella storia personale di ciascun attore; e, in tale dinamica, la donna rimane coinvolta, allorché le spinte alla libertà, all’autonomia personale e all’uguaglianza rimangono imbrigliate negli ideali della complementarietà e della fusionalità, tanto da configurare quadri di elevato invischiamento (affettivo, emotivo, sociale), da cui quasi mai riesce a liberarsi senza evocare sensi di colpa rinforzati da un modello culturale che tende a trasferire sulla vittima la responsabilità della violenza subita; questo aspetto induce spesso a non denunciare l’evento per evitare lo stigma. Si richiede, pertanto, un impegno imponente dei Servizi del territorio (sociali, sanitari, psicologici, della formazione, …)
 Percorsi di consapevolezza per la donna, per sostenerne l’autostima, l’autonomia, l’autodeterminazione, per veder chiaro nella dipendenza, spesso non consapevole, dalla figura maschile (non di rado, persiste nella donna un’assunzione implicita del potere maschile che, retrocesso in zone sempre meno accessibili alla consapevolezza, contribuisce a definire delle meta-regole relazionali di cui l’uomo si è auto-attribuita la legittimazione)
 Attivazione nel territorio di ‘Sportelli per il disagio dell’uomo’, per facilitarne la presa di coscienza, avviando processi di elaborazione positiva di potenziale degenerazione del disagio stesso o evitare una recidiva se già attore di un precedente episodio di violenza
 Interventi per accrescere la sicurezza della donna nel territorio, considerati un parametro non di poco conto del valore della donna nella Società
 Analisi e trasmissione nel territorio dei contenuti delle normative vigenti, non solo per riflettere sull’applicabilità oggettiva, ma anche per far sì che donne e uomini abbiano contezza dei diritti/doveri che li riguardano, in particolare, per quel che attiene l’area della relazione e della comunicazione, con significativo riferimento agli aspetti disfunzionali fino agli atti di violenza
 Viva attenzione per la donna nel ‘mondo del lavoro’, per fronteggiare, correggendole, le disparità di trattamento e l’iniqua distribuzione dei carichi di lavoro, riconoscere e valorizzare le competenze anche nell’accessibilità ai ruoli medio–alti fino ai livelli apicali; non di secondaria importanza la considerazione, anche in questo contesto, degli aspetti disfunzionali delle relazioni (comprese le condizioni di molestie e/o di abuso) che creano disagio e rendono travagliato il ‘clima lavorativo’.
 La metodologia
La multidimensionalità del problema, cui si è fatto già riferimento, richiede la presa in carico da parte di tutti i segmenti della Società, ognuno per le proprie competenze, nell’intento di delineare un percorso unitario e condiviso che, nel suo costituirsi in rete, abbia maggiori possibilità di promuovere cambiamenti in positivo, contribuendo nel tempo a sviluppare ed affermare la cultura della non violenza. La “rete” si configura come metafora dell’appartenenza ad una Comunità che riconosce i disagi del territorio e, contenendoli, se ne fa carico, con tutti i mezzi a propria disposizione, nell’intento di ridurne la portata, nella prospettiva del benessere della Collettività.
Su proposta di questa Consulta e la piena adesione e disponibilità del Sig. Prefetto, è stato costituito presso la Prefettura un ‘Tavolo Tecnico interistituzionale’, per strutturare interventi di contrasto alla violenza sulle donne: è già un’ottima piattaforma da cui partire”.

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