VIDEOLAB FILM FESTIVAL

 

Il VideoLab Film Festival non solo si avvia alla sua quattordicesima edizione, ma cresce, aprendosi a tutti gli autori di corti dell’area mediterranea.Così il Festival si trasforma in Concorso Internazionale dei Corti del Cinema d’Arte Mediterraneo presso l’etera Kamarina, che per il secondo anno consecutivo è stata scelta come locus di emozioni favolose e senza tempo.

Presenti corti tunisini, spagnoli e non solo a dimostrazione della forte cultura mediterranea che abbraccia e mai divide i popoli.

210 i corti arrivati al Comitato di direzione e selezione del festival. 33 quelli previsti. Per un totale di oltre 7 ore di proiezione nelle tre serate del VideoLab, in programma, con ingresso gratuito al Museo archeologico regionale di Kamarina, venerdì 24, sabato 25, domenica 26 agosto 2012.

Presentato presso la Sala degli Specchi di Palazzo Iacono,ieri , giorno 21 agosto, il VideoLab quest’anno si svolge grazie al cofinanziamento dell’Assessorato al Turismo, Sport e Spettacolo della Regione Siciliana con i fondi APQ Sensi Contemporanei; con l’intervento della Provincia Regionale di Ragusa e della Città di Vittoria.

“La cura riservata alla selezione dei corti è massima” ha dicharato Andrea Di Falco, fondatore e direttore artistico del VideoLab e altresì aggiunge:“il connubio tra cinema breve e cinema di lungometraggio raccontato nella forma del frammento, della performance dal vivo dei cineasti, conferisce un’inevitabile attualizzazione del festival nel contesto storico-sociale”.

Al miglior Corto il premio di 1.500 euro per volontà della Giuria tra cui capeggiano i nomi di Pappi Corsicato, regista, presidente; Lucia Sardo, attrice; Manuel Giliberti, regista e presidente onorario del festival; Filippa Dolce, giornalista radiofonica; Lisa Romano, regista. 

“Il VideoLab è ormai un’istituzione per la città” ha sottolineato Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria. Per il primo cittadino, “alla conclusione della presente edizione è necessario sedersi attorno ad un tavolo, amministrazione comunale e organizzazione del VideoLab, per lavorare con un obiettivo: istituzionalizzare il festival”.

Giovanni Distefano, direttore del Museo archeologico di Kamarina, ritiene che il “VideoLab rappresenti uno straordinario volano di cultura e integrazione”.  Distefano apprezza, in modo particolare, “l’attenzione che il festival pone rispetto al parco archeologico. Un esempio, su tutti, è testimoniato dalla presenza di una nuova sezione, quella dei documentari archeologici”.

Per Di Falco, “l’occhio rosso bistrato di nero si conferma, ancora una volta, l’immagine-simbolo del VideoLab. Di più: ne costituisce, ormai, il tratto iconografico distintivo. Il concorso dei corti del cinema d’arte è racchiuso in quest’occhio. In questo sguardo. Che è la visione calda. Insistita. Dello spettatore-cinefilo. Che non si rassegna alla fruizione disincantata dello spazio visivo”. Il direttore artistico è convinto che il “VideoLab racconti le visioni cinematografiche del cinema che verrà. Ma rappresenta anche un luogo d’incontro della formazione cinematografica. Nel corso di tutte le edizioni sono state tenute delle vere e proprie lezioni pubbliche dei mestieri del cinema”.

Il VideoLab costituisce un vero laboratorio culturale, vetrina d’eccezione per i film brevi italiani e mediterranei che non hanno quasi nessuna distribuzione nelle sale riescono ad incontrare il “proprio” pubblico.

Laboratorio 451, l’associazione che organizza il festival, ha seguito, sin dalla sua fondazione, la cosiddetta politica degli autori. “Importata” direttamente dalla Nouvelle Vague francese. E ha eletto come modello a cui guardare François Truffaut. Il riferimento numerico (fahrenheit 451 è la temperatura a cui brucia la carta) è un voluto omaggio all’autore de I quattrocento colpi. È naturale, dunque, che il VideoLab renda un appassionato omaggio all’autore letterario da cui nasce il film di Truffaut: Ray Bradbury, scomparso nel giugno di quest’anno a 91 anni. “L’idea – dice Di Falco – è quella di un reading collettivo. Nel quale cineasti e spettatori si mettono accanto per leggere una pagina del romanzo. Per condividere, insieme, il manifesto della Comunità degli Uomini-Libro ovvero della Comunità degli Uomini Liberi”.

Nell’edizione 2012 figurano per la prima volta, una serie di corti mediterranei. In particolare tunisini. Ma non solo. Anche spagnoli e italo-americani. Per Di Falco, “l’orizzonte del VideoLab, dunque, è  compiutamente internazionale”.

L’idea di inserire, nel programma del festival, dei documentari archeologici scaturisce, invece, “per volontà manifesta di omaggiare il luogo in cui nasce la civiltà ipparina”. 

“Il festival – sottolinea il fondatore – ha voluto osare poeticamente e stilisticamente. E lo ha fatto adesso. Quest’anno. Dopo tredici edizioni. Questo dato è il frutto di una lunga maturazione. Che parte da lontano. Per la prima volta il festival riceve, infatti, un riconoscimento siciliano. L’assessorato regionale al Turismo e Spettacolo della Regione Siciliana ha ritenuto il festival degno di entrare nel novero delle manifestazioni cinematografiche che rappresentano la Sicilia. Ma anche questo non basta. Il festival ambisce a proseguire verso un futuro che mi auguro carico di certezze. Purtroppo l’unico limite, drammaticamente evidente, del VideoLab risiede, infatti, nella possibilità di una prospettiva concreta. Parlo della certezza dei finanziamenti in favore della manifestazione. Si tratta della fonte di un’autentica preoccupazione”.

Di Falco così ringrazia “ gli amici che hanno scelto di fare parte del comitato scientifico del festival. Sono dei punti di riferimento. Intellettuali umanisti che testimoniano, ogni giorno, con le loro azioni, l’amore incondizionato per un’ossessione che ci accomuna: il cinema”. Si tratta di: Nello Correale, regista; Sebastiano Gesù, docente di cinema; Carmelo Nicotra, regista; Giuseppe Gambina, esercente cinematografico; Antonella Giardina, storica del cinema; Tullia Giardina, docente di cinema; Massimiliano Coppola, critico cinematografico; Alessandra Cilio, archeologa; Darine Rajhi, gallerista d’arte. 

L’edizione è dedicata a Pappi Corsicato. “Un regista – afferma Di Falco – che il VideoLab segue da tempo. Finalmente il suo “cinema breve” può essere mostrato agli spettatori del festival senza filtri. Attraverso un confronto di totale e disarmata autenticità. Il VideoLab ripercorre la vicenda artistica di un regista visionario, legato ai  multiformi e irreali paradossi dell’esistenza”.

Mentre il Presidente onorario del VideoLab,Manuel Giliberti presenta, con Mia carissima sfinge, in anteprima assoluta, la “sua personale dichiarazione d’amore al cinema d’arte”.

Il regista con la versione definitiva di Bastava una notte, Siciliani di Tunisi riflette sulla condizione dell’esule. “Si tratta – ha commentato il direttore artistico – di un documentario che prova a colmare un vuoto, in parte anche storiografico, attraverso la verità delle testimonianze dirette. Di chi è nato, ha vissuto, ha sofferto, la terribile condizione di esule in Patria. Giliberti restituisce, con l’uso di una camera a mano sobria, con un montaggio “invisibile”, i colori vividi di una memoria cancellata della storia dei siciliani del Nord Africa. La drammaticità del controesodo, imposto dalle autorità tunisine dopo l’indipendenza, è un punto di svolta straziante. Splendidi i volti ed il fascino dei protagonisti. Il regista narra, filmando la storia di una serie di case “interrotte”, le evoluzioni di un popolo che percorre tutto il territorio tunisino alla ricerca di una Terra Promessa. Le parole dei testimoni portano lo spettatore nei luoghi della memoria grazie al racconto in voce di Lucia Sardo. Le sue cesure costituiscono dei contrappunti che si fanno ora poetici, ora giocosi, ora dolorosi. L’espulsione dalla terra tunisina è un fatto inenarrabile che si consuma, infatti, fuori dal campo della narrazione”.

“Chi sono oggi i siciliani di Tunisi?”, s’interroga, infine, Di Falco. “Sono superstiti. Sono sopravvissuti. Sono francesi. Sono italiani. Sono tunisini. Anche questo è il VideoLab. Un festival che ci ricorda che siamo tutti arabi. Siamo tutti migranti”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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