VENTIQUATTRO AGOSTO GIORNO DI “ORDINARIA FOLLIA”

Sono stati liberati i quattro giornalisti italiani che mercoledi  erano stati rapiti dai lealisti di Gheddafi. Meno male che è finita bene (tranne che per il loro autista che è stato ucciso) ma nel giorno del rapimento, credo sia stato il momento in cui ognuno si è reso conto che questa guerra ci tocca e anche da vicino. Proprio mercoledi, all’incirca alle quattordici e quaranta un rombo, che al momento è sembrato un tuono, preludio di un temporale estivo, rompe il silenzio, seguito a poca distanza da un altro.

All’improvviso,  ed è un attimo, un pugno allo stomaco. Una sensazione di paura che ti fa guardare la tua nipotina che dorme serena, con la sensazione (terribile) che se quel rombo si fermasse sopra la tua testa a sganciare il carico che certamente porta, non potresti proteggerla e il pensiero va a altre mamme, altre nonne che quel rombo lo sentono da mesi. E’ un attimo di condivisione dove non conta quanto la guerra che si combatte in Libia sia giusta o no, condivisibile o no.

Rimane la sensazione di paura e di impotenza che ti prende allo stomaco. Il terrore di non riuscire a proteggere le persone che ami ed ecco che un giorno “normale” diventa ben altro. Un giorno di “ordinaria follia” dove gli aerei da guerra si susseguono, i giornalisti vengono rapiti  e su Gheddafi continua a esserci una taglia da 1,6 milioni di dollari e un certo Fitto, ministro senza portafoglio del governo Berlusconi, mobilita le ferrovie per viaggiare in orario, protetto e in un vagone extra lusso e vacanzieri normali rientrano su treni sporchi e ad orari ridotti. 

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