Vent’anni fa i fatti di Genova. A Scicli un salutare ritorno al passato

Cosa è rimasto del G8 di Genova a venti anni esatti dal suo compimento? Qual è il contenuto conservato nella memoria collettiva delle nuove generazioni che non hanno vissuto quella tragedia per averla avuta raccontata e letta? Cos’è mutato nel DNA del rapporto massa/potere da quel 2001 in poi?


A queste domande si è cercato di dare una risposta ieri sera in un convegno che la CGIL di Ragusa, Generazione zero e in collaborazione con il Comune di Scicli, hanno promosso a Villa Penna sul tema “G8 Genova per noi”.
Un bel ritorno al passato narrato da chi a Genova c’era, vivendo giornate drammatiche in quella che la vulgata ricorrente ancora oggi mette insieme: la tragica morte di Carlo Giuliani, la “macelleria messicana” alla scuola “Diaz”, alla sospensione di elementari diritti democratici che fecero emergere il volto violento dello Stato opposto ad un movimento internazionale che intrecciava sensibilità diverse se non opposte ma tutte rivolte alla creazione di un mondo migliore. Quel mondo che si voleva andasse nella direzione opposta verso la distruzione dell’ambiente, alla privatizzazione dell’acqua, alla globalizzazione selvaggia, alla creazione di nuove povertà, a quel capitalismo esasperato che i grandi della terra stavano per imporre contro tutto e tutti. Dopo il saluto del vice sindaco di Scicli, Caterina Riccotti e iniziata la serata moderata da Simone Lo Presti.


Per chi non c’era, ci ha pensato il regista Michelangelo Ricci con la proiezione di un corto su quei giorni a Genova dal titolo “Un altro mondo è possibile”. Un backstage straordinario di immagini e di parole con la presenza di registi del calibro di Citto Maselli, Ettore Scola, Mario Monicelli tutti a raccontare quell’evento planetario svoltosi dal 19 al 22 luglio del 2001.
“Quel movimento è purtroppo scomparso, commenta Ricci, con tutte le sue anime. Si è trattato di un colpo di Stato silenzioso in cui il popolo non ha reagito perché non ha reagito la politica”
Poi una sequela di testimonianze di chi allora trentenne e quarantenne con auto, treno visse quel viaggio e l’avventura cruenta della Genova di quei giorni.


“Ricordo quel grande corteo, dichiara Peppe Cannella, psichiatra, dove c’erano tutti: Agesci, Caritas, Lilliput, disobbedienti, anarchici, le numerose forze del movimento della sinistra, la FIOM . A Genova si è rotto qualcosa che segnò l’inizio del pensiero liquido e con esso la fine del movimento dei movimenti.”
Altri si sono sentiti delusi e traditi da quella manifestazione che videro in Agnoletto e Casarini i leader di quel movimento.
“Dopo venti anni sono ritornato a Genova nei luoghi del dramma, racconta Adriano Sgrò sindcalista di lungo corso della CGIL, e confermo che quella fu un’esperienza traumatica. Quel movimento non solo fu una gigantesca formazione di protesta ma anche di proposta nell’intento di ridefinire un mondo migliore.”
Ma oggi sarebbe possibile ricreare le condizioni sociali e storiche di venti anni fa?


“Le ragioni di quel movimento fatto di ragazze e ragazzi di ogni lingua e razza, ammette Alfio Mannino segretario generale della CGIL Sicilia, furono allora intese come un pericolo per il capitalismo e per i suoi obiettivi. Ecco la risposta violenta dello Stato e di chi ci sta dietro. I corpi intermedi non sono nel tempo arretrati. C’è una dimensione nuova nella rappresentanza sociale che è condizionata dalla paura, dalla fragilità del nostro tempo. E dentro questo contenitore le forze sociali soffrono. Bisogna recuperare quel tempo e ritrovare il consenso su alcuni temi legati al lavoro. Valuto che la mancata partecipazione della CGIL alla protesta di Genova fu un errore. Con la CGIL in campo probabilmente il corso della storia avrebbe preso un’altra direzione. E del tutto evidente che la comunicazione oggi assumere un valore assoluto come intuirono venti anni fa i ragazzi di Genova. Questi sono mezzi che incidono in profondità sulla pubblica opinione. C’è la necessita di rimodulare il modello organizzativo che deve ritornare plurale superando ogni individualismo.”


Per Luciano Silvestri, collegato in video conferenza, del dipartimento legalità e sicurezza della CGIL, Genova non finì a Genova. Nel 2002 ci fu il social forum di Firenze con la partecipazione di 800mila persone e diede una spinta alle rivendicazione di quel manifesto. Oggi i contenuti di quel movimento sono ancora di attualità, di fronte ad una crisi pandemica chiediamo il cambiamento di un modello culturale e sociale che non ci sarà sicuramente regalato; sui fatti di Genova la verità completa non è ancora emersa. Sappiamo di chi sono le responsabilità politiche ma ancora oggi la pressione del potere sulla politica è ancora enorme. Basta pensare alla difficoltà di liberare le forze di polizia per aderire ad un sindacato; libertà che la Consulta ha decretato nel 2018 con una sentenza e un Parlamento che non legifera su questo svincolo.
Come guardano adesso le nuove generazioni a quei fatti e quali riflessioni ne hanno tratto.
Giulia Biazzo, rappresentante degli studenti di Giurisprudenza di Catania, non ha dubbi. “La nostra generazione nasce con i fatti di Genova. Ma da lì tutto il mondo è cambiato: i movimenti, la comunicazione con un linguaggio del tutto nuovo che cambia e rivisita i rapporti interpersonali mettendo in discussione modelli ormai superati.
Certo c’è l’esigenza di un recupero di alcuni valori che rimangono tali e quali ma è il modo di riviverli e di praticarli che ci mette tutti in discussione.”
Per Peppe Scifo, segretario generale della CGIL di Ragusa si è trattato di un momento di grande riflessione collettiva messo a confronto a distanza di venti anni tra generazioni diverse.


“Credo che l’iniziativa abbia colto nel segno, ammette, avendo rimesso in discussione quanto accade in quei tragici giorni. Io vi partecipai. Avevo 26 anni e non ero, come altri, certamente abituato a questa esperienza di scontri di piazza. Il corteo a cui partecipai era molto colorato ma il clima era di terrore. Percepì sin da allora il valore dei media che il movimento usava con destrezza facendo uso delle nuove tecnologie informatiche e questa fu una delle ragioni per le quali fu colpita la scuola “Diaz” che era il centro operativo della comunicazione.
In questi venti anni il mondo è cambiato. Il rapporto tra massa e potere è stato ridefinito in modo decisivo nel senso che al pluralismo, oggi vittima della pandemia, si è sostituito un individualismo che mette in crisi l’attività dei corpi intermedi. Bisogna individuare il modo per recuperare questo rapporto con i valori che Genova 2001 ha portato avanti e valuto che la comunicazione con i nuovi sistemi possa dare un forte contributo alla causa.”

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it