VANN’ANTO FIGLIO DI “PICIALUORI”

Debbono considerarsi fortunati gli studenti delle terze medie della “Vann’Antò” per quanto hanno fatto per loro la professoressa Donatella Ventura, il giornalista Saro Distefano e l’ingegnere Nunzio Tumino. In ordine. La professoressa di lettere Donatella Ventura ha avviato, d’accordo il preside della media ragusana, Salvatore Giaquinta, il programma che il prossimo 25 maggio (ne daremo ampia notizia nei giorni precedenti) concluderà il cosiddetto “anno vannantoniano”, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte del grande poeta ragusano Giovanni Antonio Di Giacomo.

Quel giorno sarà tenuto un convegno sulla figura letteraria oltre che umana del grande artista ed uomo di scuola e, in preparazione della giornata, gli studenti delle nove terze classi della statale Vann’Antò sono stati sensibilizzati appunto sulla figura del poeta. Il rapporto, strettissimo e fondamentale, del poeta con l’asfalto è stato illustrato da Saro Distefano durante una lezione tenuta qualche settimana fa presso l’istituto, con la proiezione di antiche foto riguardanti l’attività dei cosiddetti “picialuori”, termine che indicava indistintamente minatori, picconieri, tecnici e ragazzi che lavoravano latu sensu con la roccia asfaltica, in dialetto ragusano “a petra pici”, quella pici che è anche il titolo della maggiore e certamente più apprezzata opera di Vann’Antò poeta. Poeta che del resto era figlio e fratello di picialuori, di gente che nelle cave e nelle miniere di contrada Tabuna lavorava duramente per portare a casa il pane, secondo quanto lo stesso Vann’Antò mise a perenne ricordo in apertura della sua opera: “o scuru vaiu, o scuru viegnu, o scuru fazzu u santu viagghiu”.

Dopo la lezione e le antiche foto, Saro Distefano ha ritenuto di far vedere e capire direttamente cosa siano le cave e le miniere di asfalto. Ecco il coinvolgimento dell’ingegnere Nunzio Tumino, direttore degli stabilimenti Colacem di Ragusa e di Pozzallo. Il dirigente industriale ha subito accolto la richiesta del giornalista Distefano ed ha ricevuto gli studenti della Vann’Antò a Tabuna, in quegli stessi luoghi prima descritti con le foto e con il racconto di Distefano. I ragazzi hanno camminato tra le alti pareti delle cave di calcare bituminoso, ed hanno poi percorso qualche metro, più che sufficiente per capire le sensazioni degli antichi picialuori, chissà quanti loro parenti, dentro una miniera di asfalto. Distefano ha raccontato loro la vita e le condizioni lavorative di questi antichi ragusani per poi affidare i ragazzi all’ingegnere Tumino che ha fatto da guida all’interno del moderno stabilimento cementiero della Colacem. Prima la camera di controllo dell’alto forno, poi i laboratori chimici e infine la parte certamente più emozionante della visita, il contatto diretto con l’alto forno: sostanzialmente un enorme tubo in metallo che per ventiquattro ore al giorno, sette giorni a settimana, gira su se stesso per produrre, a circa 1.500 gradi, il cemento pozzolanico.

È stato lo stesso direttore degli stabilimenti a far vedere, ad uno ad uno agli studenti, l’interno incandescente dell’impianto, con quella massa di roccia fusa che poi, insaccato e venduto in tutto il bacino mediterraneo, diventerà case e palazzi, ponti e strade. La visita si è conclusa col simpatico momento conviviale quando la Colacem, nella sala mensa all’interno dello stabilimento, ha voluto offrire a tutti i ragazzi uno zaninetto personalizzato dalla azienda cementiera eugubina ed una sostanziosa quanto meritata merenda a base di panini e cocacola.

 

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