VALUTARE LA PERICOLOSITA’ DEL CANE

Quando si dibatte sulla questione del pericolo di aggressioni del cane vengono proposti vari criteri nel tentativo di individuare un paradigma che dia riferimenti accettabili, sia per definire il livello di pericolosità di un cane che ha morso, sia per riconoscere un cane impegnativo, cioè un cane che ancora non ha morso, ma che può farlo (premesso che non si può escludere in assoluto che un dato cane non morderà mai).
Sostanzialmente si possono definire tre correnti di pensiero: quella che attribuisce la pericolosità alla razza, quella che la attribuisce alla taglia ovvero alle caratteristiche morfologiche del cane, come lo spessore della mandibola, e quella che attribuisce la responsabilità delle aggressioni al proprietario.
Il desiderio di individuare un criterio, il più condiviso possibile, è dettato dal bisogno, strettamente umano, di ordinare all’interno di una determinata categoria, le varie forme di espressione di un fenomeno, in questo caso le aggressioni ad opera di cani, quale strumento di identificazione del cane pericoloso. Ma questo bisogno di categorizzare è un’esigenza cognitiva umana, necessaria per dissipare paure e per risparmiare energie; essa, se non è sostenuta da adeguate conoscenze, è produttiva bias cognitivi, ovvero semplificazioni, e le semplificazioni esagerate, non aiutano anzi peggiorano il problema, producono guai.
L’inghippo sta nel fatto che indipendentemente dalla taglia e dalla razza, molti proprietari allevano e accudiscono il proprio cane, sia esso un rottweiler, un barboncino, un bassotto, un pastore tedesco, come se fosse un bambino.
Molti di coloro che attribuiscono un maggior peso alla razza o alla taglia sostengono che un cocker, per quanto aggressivo, non ha mai ucciso nessuno (se è per questo anche i levrieri di grande taglia non hanno mai ucciso nessuno) e quindi enfatizzano il criterio della pericolosità legato alla taglia o alla razza. Questo ragionamento per quanto condivisibile non mette in luce il reale problema delle aggressioni. Se si escludono infatti le aggressioni come sintomo di una patologia comportamentale o organica, la maggior parte di esse sono la conseguenza di una relazione derivale che ha le sue origini nella natura umana. (Prima parte)

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