UNA RIFLESSIONE SULLA DISASTROSA SITUAZIONE DELL’ECONOMIA LOCALE E SULLE POSSIBILI SOLUZIONI

Da anni siamo consapevoli che la nostra economia, incentrata principalmente sulla coltura intensiva degli ortaggi, sta morendo a causa della concorrenza dei paesi stranieri nei quali i costi di produzione sono notevolmente inferiori ai nostri. Purtroppo (o per fortuna) le soluzioni proposte in questi anni dai politici locali e dai rappresentanti delle categorie direttamente interessate, si sono rivelate impraticabili, soprattutto perché tendono a non considerare che siamo soltanto una piccola e irrilevante parte di un’enorme ingranaggio economico, inserito in un contesto globale e globalizzato.

A mio avviso tutto questo non è un male, anzi, è un’opportunità che attende soltanto di essere colta. Bisogna però avere la lungimiranza necessaria per porre attenzione a quelle che sono le nostre potenzialità sopite e il coraggio di convertirle in risorse.

Sappiamo, per certo, che le nostre produzioni serricole sono ormai economicamente insostenibili per i produttori ed inoltre, essendo un affronto alla vista e all’olfatto, costituiscono un notevole ostacolo alle ambizioni turistiche del nostro territorio. Sappiamo anche che viviamo in una nazione priva di fonti energetiche tradizionali e che, se vogliamo puntare all’autosufficienza o almeno ridurre la nostra sudditanza dai paesi produttori, possiamo soltanto puntare sulle rinnovabili. Quindi, mettendo insieme queste evidenze, possiamo trarre delle conclusioni e, saggiamente, fare di necessità virtù.

Quanto sarebbe bello se, al posto delle innumerevoli distese di serre, pannelli fotovoltaici e pale eoliche dominassero le nostre campagne, e quanti i vantaggi che se ne potrebbero trarre: fine degli odori nauseabondi provenienti dalle terre concimate, fine dell’inquinamento delle falde acquifere, fine delle nefaste conseguenze sull’economia dei fenomeni atmosferici (trombe d’aria, grandine, gelo), notevole produzione pulita di energia elettrica, possibilità di poter investire, concretamente, sulle peculiarità paesaggistiche ai fini di incrementare il settore turistico.

Insomma, perché non incominciare a porsi l’ambizioso obbiettivo della ritrasformazione della “fascia trasformata”?c.l.g.

 

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