UNA NUOVA COSCIENZA ANIMALISTA PER NON PARLARE PIU’ DI RANDAGISMO

Oggi va molto di moda parlare di difesa degli animali, si va verso una civilizzazione nei confronti del rispetto degli animali, una nuova sensibilità che mira ad abbattere una volta per tutte il pensiero dominante dell’antropocentrismo, che pone l’uomo al di sopra ed al centro di tutti gli esseri viventi che vengono utilizzati dall’uomo per egoismo o per interesse. Ad esso si contrappone il paradigma biocentrico che pone l’uomo, quale essere vivente tra le altre specie animali, in ossequio al pensiero antispecista che rifiuta la concezione di una superiorità della specie umana sugli altri animali e che quindi nega l’autorità di utilizzarli per i propri scopi, siano essi per bisogni o per voluttà. Mi riferisco in particolare a quegli animali con cui da millenni condividiamo la nostra quotidianità, che guardiamo negli occhi, che fanno parte delle nostre relazioni simpatetiche: sto parlando dei cani. Potremmo quindi dire che questi animali ci assomigliano per sensibilità, per vicinanza, allora sarebbe giusto trasferire a loro gli stessi diritti dell’uomo, come oggi viene proposto da eminenti studiosi e scienziati, uno per tutti il prof. Umberto Veronesi. Ma riconoscere agli animali gli stessi diritti dell’uomo impone un cambio di mentalità tale da modificare l’approccio culturale alle questioni, anche quelle problematiche, ad esso collegate. Questo passaggio è considerato come la massima espressione animalista della tutela degli animali, senza rendersi conto che si farebbe loro un ennesimo torto! Bisogna invece riconoscere i diritti “degli” animali, se non vogliamo essere causa, seppure inconsapevole, di sofferenza animale. E per i cani, che sono considerati oggi referenti del cammino co-evolutivo con l’uomo, secondo gli insegnamenti della Zooantropologia, disciplina che aiuta a comprendere i più intimi meccanismi della relazione uomo-animale, quali diritti bisognerebbe riconoscere per evitare loro sofferenza? Sarebbe scontato dire il diritto alla vita, cioè il diritto di non essere uccisi! Bensì si dovrebbe riconoscere il diritto di vivere la loro vita nel rispetto del paradigma zooantropologico ed etologico, cioè di animale sociale e relazionale con una disposizione elettiva verso l’uomo. È questo il punto centrale di una nuova cultura animalista rispettosa dei diritti e dei bisogni del cane. L’uomo e il cane hanno bisogno l’uno dell’altro, un bisogno che nasce da 130 mila anni di convivenza che ha plasmato le due specie non solo nei tratti somatici ma anche negli aspetti cognitivi, l’uno è attratto dall’altro. Per quanto in compagnia di altri cani, il cane predilige la compagnia dell’uomo, per quanto possa essere numerosa una famiglia l’uomo cerca la compagnia del cane! Sarebbe forse ora che si adottasse un rivoluzionario cambiamento nella Costituzione Italiana come ha già fatto la Svizzera, la Svezia, l’Austria, la Germania e la Slovenia, nel riconoscere i diritti degli animali. Il Diritto italiano considera ancora gli animali come cose, oggetti del Diritto, e a niente è servita la frammentazione normativa a favore di un riconoscimento della loro dignità quali esseri senzienti. Serve una legge unica, che preveda coperture finanziarie e sanzioni, con l’introduzione della responsabilità civile dell’uomo verso gli animali, il riconoscimento del valore affettivo degli animali, l’obbligo di dichiarazione di smarrimento e di ritrovamento degli animali domestici. L’applicazione di queste norme, come è avvenuto negli altri Stati, porterebbe ad una migliore considerazione degli animali nella società e nella politica, con innegabili vantaggi per tutti: da un lato migliorerebbe la percezione degli animali nella società, dall’altro lato terrebbe maggiormente conto dei bisogni e dei diritti dei proprietari di animali che non sarebbero più considerati degli alieni o cittadini di seconda classe ed infine avrebbe il pregio di tenere conto degli interessi dell’uomo senza trascurare quelli degli animali. I proprietari di cani hanno bisogno di una società solidaristica e di una politica attenta ai loro problemi, di sentirsi cittadini a pieno titolo e non discriminati, si veda ad esempio come la seconda causa di liti condominiali è rappresentata dalla presenza degli animali. Non lasciare gli amici e le amiche dei cani soli riduce le situazioni di problematicità e di conflittualità, crea opportunità di servizi a loro beneficio, rimuove gran parte delle cause di abbandono e crea le necessarie premesse per contenere il galoppante problema del randagismo.

 

DR.GASPARE PETRANTONI

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