Una notte in hotel “per protesta”: a Ragusa nasce un’idea dopo la vicenda della turista israeliana

RAGUSA – A volte, le cronache locali diventano teatro di dibattiti che vanno ben oltre i confini della città. È il caso della vicenda che ha travolto un piccolo hotel di Ragusa, finito al centro di una polemica internazionale per via di una mail inviata dall’albergatore a una turista israeliana. Un episodio che ha fatto discutere di guerra, libertà di espressione, discriminazione e, paradossalmente, anche di turismo.

Tutto nasce da una prenotazione effettuata da una viaggiatrice di Rishon LeZion, in Israele. Dopo la conferma, l’albergatore ha scritto alla cliente chiedendole di chiarire la sua posizione sul conflitto in Medio Oriente. Nello specifico, l’uomo aveva fatto intendere che la struttura non avrebbe ospitato chi giustificava l’operato del governo israeliano a Gaza, invitando in tal caso la turista a cancellare la prenotazione. La donna, turbata e indignata, non ha esitato a ritirarsi spontaneamente, annullando il soggiorno.

La mail, diffusa online, ha rapidamente fatto il giro dei social e dei giornali, diventando materia di discussione ben oltre i confini siciliani. Da un lato, l’albergatore ha spiegato di non aver agito per odio o discriminazione, bensì per una sorta di “atto di coscienza”, un invito a non rimanere indifferenti di fronte a una guerra che provoca vittime civili. Dall’altro, però, la sua scelta è stata interpretata da molti come un atto discriminatorio, in contrasto con le normative che regolano l’ospitalità.

Il caso non si è chiuso lì. Booking.com, dopo aver ricevuto segnalazioni, ha sospeso temporaneamente la struttura dal portale, accusandola di aver violato le proprie politiche interne. Il sito dell’hotel, inoltre, è stato preso di mira da attacchi informatici che ne hanno compromesso la visibilità, creando non pochi disagi alla gestione ordinaria.

Proprio mentre la polemica sembrava destinata a spegnersi, è arrivata la proposta inattesa che ha riportato la vicenda al centro della conversazione cittadina. Un noto ambientalista ragusano ha lanciato un appello ironico ma concreto: “E se fossimo noi ragusani a dormire per una notte in quell’hotel? Una sorta di protesta gentile, un modo per trasformare una polemica in un gesto di solidarietà”. L’idea, rilanciata sui social, ha rapidamente raccolto consensi, commenti e anche qualche critica.

C’è chi ha sposato con entusiasmo l’iniziativa, dichiarandosi pronto a prenotare una stanza pur abitando a due passi dalla struttura. Per questi cittadini, dormire una notte in hotel diventa un segno di vicinanza a un concittadino ritenuto “coraggioso” nell’aver espresso un’opinione scomoda, indipendentemente dalle conseguenze. Altri hanno addirittura annunciato di aver disdetto i propri account su portali come Booking e Airbnb, trasformando il sostegno in una forma di boicottaggio digitale.

Non sono mancati, però, i pareri opposti. Alcuni hanno sottolineato come l’albergatore avrebbe rischiato ben più della sospensione da una piattaforma online, ricordando che la legge italiana vieta qualsiasi forma di discriminazione nell’accesso ai servizi, compresi quelli turistici. Secondo questa visione, l’episodio non può essere derubricato a semplice atto di coscienza, ma rappresenterebbe una violazione normativa a tutti gli effetti.

Il dibattito ha varcato anche i confini locali: turisti di altre città, colpiti dalla vicenda, hanno manifestato l’intenzione di soggiornare a Ragusa proprio in quella struttura, ribaltando così l’effetto negativo iniziale.

L’impressione è che questa storia, iniziata con una mail privata e finita sulle prime pagine, si sia caricata di significati simbolici più grandi di lei. C’è chi vi legge un gesto di coraggio, chi un errore imperdonabile, chi una discriminazione mascherata da idealismo. E intanto, tra le pieghe di una vicenda locale, emergono domande universali: fino a che punto un imprenditore può lasciare spazio alle proprie convinzioni personali nella gestione della sua attività? Qual è il confine tra l’etica privata e l’obbligo di rispettare regole comuni?

Resta sul tavolo la proposta curiosa e simbolica: dormire, anche solo per una notte, nell’hotel che ha “osato” chiedere a una turista di prendere posizione. Un gesto che, se messo in pratica, trasformerebbe un episodio controverso in un esperimento collettivo di partecipazione civica.

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