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UN VINO BIANCO NON BANALE
02 Lug 2012 21:34
I problemi del vino italiano sono molti, variegati e diversi in base alle zone vitivinicole. Una difficoltà italiana però può essere definita globale: il vino bianco secco. Oltre al mercato italiano, il vino bianco secco viene percepito all’estero come un prodotto gradevole ed economico. Sono poche le etichette italiane che godono di una importante reputazione.
L’enologia italiana ha in qualche modo penalizzato i vitigni autoctoni della penisola a favore dei vitigni internazionali, quali lo chardonnay, il sauvignon, il riesling e altri. Questo perché si ritiene che i vitigni internazionali siano capaci di dare maggiori risultati di finezza, rispetto ai vitigni autoctoni.
L’Italia, assieme alla Grecia, è uno dei paesi che conta il maggior numero di vitigni autoctoni. È evidente che con un numero così ampio di vitigni, non si può pensare che siano tutti vitigni qualitativamente interessanti. Vi sono, però, alcuni vitigni che hanno tutte le possibilità di confrontarsi quelli più blasonati, ma le vinificazioni approssimative del passato hanno pesantemente influenzato il giudizio dei vitigni bianchi autoctoni italiani. Vanno aggiunti, inoltre, due altri fattori: da una parte i nomi sconosciuti al di fuori della propria zona geografica di produzione, che crea non poche perplessità al consumatore, che ovviamente non se la sente di spendere cifre di in certo rilievo per vitigni sconosciuti, dall’altra si tende a privilegiare per vinificazioni importanti, concepite queste quasi esclusivamente con un passaggio in barrique, i vitigni autoctoni più conosciuti, ma non per questo migliori.
Nel sud del Piemonte, più precisamente nella zona dei Colli Tortonesi, viene coltivato in numero molto ridotto un vitigno decisamente interessante, che ha tutte le possibilità di diventare un punto di riferimento dei vini bianchi italiani. Si tratta del timorasso. Una volta presente nella DOCG Gavi, è stato con il tempo sostituito quasi fino all’estinzione a favore del vitigno cortese, a causa delle notevoli difficoltà e attenzioni che richiede la sua coltivazione.
Tra i suoi problemi, il più notevole è l’aborto spontaneo a cui è soggetto. In pratica, parte degli acini non si sviluppano, dando così inevitabilmente basse rese a cui non vi è rimedio. Questo problema, però, fa sì che il grappolo del timorasso non sia mai serrato, come per esempio nel frappato, ma bensì spargolo, evitando così il formarsi della muffa o la rottura degli acini durante la maturazione e crescita di questi. Le basse rese, inoltre, impediscono la sovrapproduzione e garantiscono così uno dei principi obbligatori per ottenere un vino più che buono. Ma all’aborto spontaneo si aggiunge una difficoltà notevole, la sua grande sensibilità alle malattie. Se l’aborto spontaneo garantisce basse rese, la sensibilità alle malattie rischia di rovinare il raccolto.
Fortunatamente vi sono stati alcuni produttori che hanno giustamente creduto in questo vitigno, salvandolo così dal rischio estinzione. Questi produttori, inoltre, sono riusciti anche a interpretare il timorasso nel modo giusto per esprimere il massimo delle sue potenzialità. In un periodo dove il passaggio in barrique era ed è tutt’oggi considerato imprescindibile per ottenere un grande vino, capirono che il timorasso aveva solo da perdere passando in legno. La sua vinificazione è quindi, tranne rarissimi casi, quasi esclusivamente in acciaio. L’intuizione della vinificazione in acciaio, dettata anche dal cercare di comprendere a pieno il carattere di questo vitigno, è stata anche ispirata dai grandi riesling tedeschi. Il timorasso, proprio come il riesling, non è un vitigno aromatico, ma con l’affinamento riesce a sviluppare dei sentori olfattivi riconoscibili, legati soprattutto a riconoscimenti minerali. È quindi un vino che richiede un certo tempo prima di essere consumato, in genere due anni dalla vendemmia, altrimenti non si sviluppa il corredo aromatico e il vino ne uscirebbe così fortemente penalizzato. La buona tensione acida, la tendenza all’invecchiamento e la necessità dell’attesa per sviluppare un corredo aromatico rendono obbligatoria l’attesa per questo vino.
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