Torna l’inchiesta drammaturgica del giornalista ragusano

Di nuovo sul palco per raccontare la vicenda del giornalista ragusano Giovanni Spampinato ucciso nel 1972. L’inchiesta drammaturgica sul caso Spampinato scritta da Roberto Rossi e Danilo Schininà torna in scena, dopo due anni, a Modica, nell’ambito del Premio teatrale Felicia Impastato. Questa volta saranno gli stessi autori a rappresentarla stasera alle ore 21 nel Teatro Cava di Pietra Franco, in via Mantegna Itra. L’inchiesta drammaturgica sul caso Spampinato ha debuttato nel 2008 a Riccione ospite del prestigioso premio di giornalismo televisivo intitolato a Ilaria Alpi. Torna in scena il prossimo 19 agosto a distanza di due anni con una nuova impostazione scenica. “Abbiamo deciso di asciugare il racconto da alcuni elementi teatrali – dicono gli autori – e preferito un taglio di inchiesta: non ci saranno attori in scena; le carte giudiziarie, gli articoli di Giovanni saranno i veri protagonisti”.  Ritorniamo a teatro a Modica per raccontare questa storia – concludono – per aiutare a tenere viva la memoria del giovane giornalista ucciso. Sono ancora troppo pochi i nostri coetanei ragusani a conoscere la sua storia”. Sono trascorsi quasi quarant’anni dalla morte di Giovanni Spampinato, il corrispondente da Ragusa de “L’Ora” e de “L’Unità” assassinato dal figlio di un alto magistrato, Roberto Campria, principale sospettato di un delitto sul quale il cronista indagava e scriveva cercando di andare oltre le indagini sonnacchiose della Procura e rispetto al quale riteneva ci fosse un collegamento con il consorzio criminale fra destra eversiva e criminalità organizzata che aveva già documentato con diverse inchieste uscite sul quotidiano del pomeriggio palermitano. Dallo studio di quelle inchieste, degli atti processuali di quei delitti, delle perizie e degli interrogatori della polizia giudiziaria, degli articoli di giornale e delle lettere di Giovanni al fratello Alberto è nata “l’inchiesta drammaturgica sul Caso Spampinato”. Una pièce nella quale le parole trascritte nei faldoni ingialliti e abbandonati negli archivi dei tribunali di Ragusa e di Catania, prendono voce e gridano una verità insabbiata e una giustizia negata per un giornalista colpevole di “non essersi fatto i fatti suoi”.  Gli autori Roberto Rossi e Danilo Schininà hanno tagliato e ricucito insieme quelle pagine, assieme a quel ticchettio dei martelli della Olivetti che segnavano il trascorrere del tempo a casa Spampinato, a quelle convulse telefonate tra vittima e carnefice ricostruite nelle comunicazioni tra Giovanni e il fratello, cadenzate da flashback che riportano all’infanzia di Giovanni e di Campria e illuminano sul percorso giudiziario che portò alla blanda pena dell’omicida. E poi quella spasmodica corsa di Giovanni verso la verità, una corsa in solitaria ma condivisa con i suoi lettori, tanto distante dai silenzi dei colleghi delle altre testate e dagli omissis di chi gestiva le carte. Una corsa interrotta in una Cinquecento bianca, una notte di ottobre del 1972, a pochi metri dal carcere della città iblea, dove il carnefice si consegnerà dopo aver esploso sei colpi di pistola contro il giovane cronista.

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