Tentato omicidio Di Martino: l’ex collaboratore salvo per miracolo. Ecco le sue condizioni di salute

Le indagini della Polizia sull’agguato di ieri mattina a Vittoria. Le indagini sono coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania. La vittima, Roberto Di Martino, 62 anni, ha infatti un passato come affiliato del clan Dominante – Carbonaro. Arrestato trent’anni fa nell’operazione Squalo, accusato di omicidio e di associazione a delinquere di stampo mafioso (416 bis), poi sottoposto a misure di confisca dei beni, infine collaboratore di giustizia fino al 2021, quando è uscito dal programma di protezione. Da qualche tempo vive a Vittoria.

La vittima, salva per miracolo, si trova in terapia intensiva

Di Martino è stato ferito ieri mattina intorno alle 7,30, con due colpi di arma da fuoco che lo hanno raggiunto al volto, vicino all’occhio e al collo. Solo per un caso l’uomo è riuscito a salvarsi. Ora si trova ricoverato in terapia intensiva all’ospedale di Vittoria. È in prognosi riservata, ma non corre pericolo di vita.

L’agguato si è verificato nei pressi dell’abitazione di Roberto Di Martino, in aperta campagna, vicino al cimitero di Vittoria. L’uomo era da solo, era appena salito in auto. Mentre procedeva a velocità moderata, sono partiti i colpi di arma da fuoco. L’intento, vista la traiettoria dei proiettili, era quello di uccidere. Di martino, pur se ferito, è riuscito a proseguire per qualche centinaio di metri e ha chiamato egli stesso la Polizia.

L’agguato con una pistola. Ritrovati i bossoli

Gli agenti della Scientifica hanno rivenuto sul posto dell’agguato alcuni bossoli di una pistola. Nessuna traccia di chi ha imbracciato l’arma per uccidere, e le indagini sono serrate.

Questo tentato omicidio apre scenari di grande preoccupazione a Vittoria. Già il 28 febbraio scorso, un giovane trentenne, Giovanni Russo, era stato ucciso in circostanze ancora poco chiare davanti all’abitazione di una persona che conosceva, nel quartiere Colledoro a Vittoria. A premere il grilletto di un fucile era stato Alex Ventura, nipote incensurato dei fratelli Giovan battista e Filippo Ventura, ritenuti gli attuali referenti del clan Dominante. Alex Ventura – che si è costituito poco dopo l’omicidio recandosi in caserma in compagnia del suo avvocato – avrebbe agito per vecchi dissapori. Le indagini sono affidate ai carabinieri. 

Sulla vicenda è intervenuto il senatore Salvo Sallemi. “Tutte le istituzioni – ha detto Sallemi – devono dare segnali di attenzione e vicinanza a Vittoria, una città che ha già pagato tantissimo le guerre di mafia tra gli anni Ottanta e Novanta”. Il senatore di Fratelli d’Italia fa sapere che porterà “all’attenzione della Commissione Nazionale Antimafia quanto sta accadendo in città” e ha chiesto alla presidente Chiara Colosimo una visita a Vittoria per fare il punto su un quadro complesso. “Vittoria – ha aggiunto – ha gli anticorpi per respingere la recrudescenza mafiosa e in questo percorso occorre la vicinanza e l’impegno di tutti gli attori istituzionali”.

La sparatoria avvenuta nei pressi del cimitero di Vittoria che ha visto come vittima Roberto Di Martino, 62 anni ha destato molta impressione nella cittadina richiamando alla memoria gli anni bui, quelli della guerra tra i clan.

Peppe Scifo, segretario generale della CGIL di Ragusa, parla di “un segnale preoccupante per la citta di Vittoria”. In questi anni, molte sono state “le operazioni condotte dalle forze dell’ordine in questi anni che hanno sgominato bande, malaffare e sequestrato ingenti quantità di beni immobili, capitali ed aziende operanti principalmente nella filiera agricola. Packaging, autotrasporti e rifiuti sono stati i settori dove hanno operato aziende poi finite sotto sequestro e successivamente confiscate. Questo dimostra come le mafie sempre di più investono in attività economiche i proventi delle attività illecite”. Per questo, “la CGIL è a fianco delle Istituzioni in questa battaglia, affinché possa esserci resistenza concreta contro le mafie e si alzi il livello di coscienza della società. Occorre soprattutto – conclude Scifo – che nell’apparato economico e imprenditoriale si innalzi la guardia, elevando argini affinché le parti sane non si mischino con le imprese mafiose, anche se ” pulite” all’apparenza”.

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