TEATRO DEI PUPI SICILIANI

Pupi (dal latino pupus, i,  che significa bambinello) sono le caratteristiche “marionette” armate di quel teatro epico popolare che, venuto probabilmente dalla Spagna di Don Chisciotte, operò a Napoli e a Roma, ma soprattutto, dalla prima metà dell’Ottocento, in Sicilia, dove ha raggiunto il suo massimo sviluppo

Riccamente decorati e cesellati, con una struttura in legno, i pupi hanno delle vere e proprie corazze e variano nei movimenti a seconda della scuola di appartenenza in palermitani o catanesi. La differenza più evidente sta nelle articolazioni: leggeri e snodabili i primi (comunque difficili da manovrare), più pesanti e con gli arti fissi i secondi (ma più semplici da manovrare).

Il puparo, cura lo spettacolo, le sceneggiature, i pupi, e con un timbro di voce particolare riesce a dare suggestioni, ardore e pathos alle scene epiche rappresentate. I pupari, in passato, pur essendo molto spesso analfabeti, conoscevano a memoria opere come la Chanson de Roland, la Gerusalemme Liberata e l’Orlando Furioso.

Ogni pupo rappresenta tipicamente un preciso paladino, caratterizzato per la corazza ed il mantello e gli spettatori usano parteggiare per uno.  I Paladini  combattono per la religione, per l’amore, per la gloria, per la fedeltà. Non combattono per diventare ricchi e potenti. Forse per questo oggi la loro fiaba appare una rivisitazione nostalgica di un passato teatrale, incerto tra folkore e cultura. Ma il teatro dei pupi è ancora teatro, e  in esso gli attori si confondono con i personaggi proprio perché non ne indossano i panni e la maschera. Perché non occupano le scene non avanzano alla ribalta.

I pupi esprimevano  ed esprimono ancora oggi la volontà di continuare a battersi in quella che è stata definita “la più invisibile delle guerre invisibili” che, con i nostri ideali, sosteniamo dentro di noi più che fuori.-

I pupi ci aiutano a capire il Gran Teatro del mondo, dove sin  dalla nascita “agiti”, giusta l’idea pirandelliana secondo la quale “siamo tutti pupi” (marionette, burattini, maschere,  ombre)  animati stando alla Bhagavad Gida – “dall’onnipotente Spirito diviso che è nel cuore di tutti gli esseri e tutti agita al ritmo incalzante del tempo, col potere della meraviglia”

E’ opportuno distinguere il burattino, la marionetta , dal pupo.  Il burattino è animato dal basso , direttamente dal pollice, indice, medio della mano o da asticelle. La marionetta è animata dall’alto, esclusivamente per mezzo di fili. Il pupo è anch’esso animato dall’alto, ma, al posto dei fili, ha, per muovere la testa e  il braccio destro,  due sottili aste di metallo. I pupi non hanno fili , quindi, vengono mosse dai pupari sullo sfondo di scenari ingenui e colorati. Li muovono al ritmo degli scudi e delle spade.

La parola PUPI  ha anche un significato amaro: “Pupi siamo, Caro Signor Fifi” Lo spirito divino in non e si fa Pupo, Pupo io, Pupo Lei, Pupi tutti” ( L.  Pirandello , Il Berretto a sonagli, a I)-

Una frase, oggi, attualissima!

 I pupi portano in scena l’epica dall’Iliade e dalla Bibbia alla Chanson de Roland e ai romanzi dell’epoca cavalleresca, e, si ritiene che l’epopea carolingia sia arrivata in Sicilia con i Normanni, nel sec. XII., che essa sia stata fatta propria dalla gente fin da allora o che sia diventata epopea popolare successivamente, sta di fatto che ha trovato in Sicilia uno straordinario favore per cui si è conservata fin dai giorni nostri.

Oggi, la più ricca collezione di Pupi si può ammirare al Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino ed al Museo Etnografico Siciliano Giuseppe Pitrè di Palermo. Fra i pupari palermitani in attività si ricordi Mimmo Cuticchio, impegnato anche nell’altra tradizione orale siciliana il cuntu (raccontastorie), apparso fra l’altro nel film Il padrino – Parte III di Francis Ford Coppola.

Esposizione di Pupi di pregevole fattura presso il Museo dell’Opera dei Pupi Turi Grasso sito in via Nazionale nella frazione Capomulini di Acireale. Inoltre in centro città, nella via Alessi è presente un Teatro dell’Opera dei Pupi dedicato a Emanuele Macrì dove si tengono ancora spettacoli. Emanuele Macrì fu salvato, ancora infante, dalle macerie del terremoto di Messina dal puparo e amico di famiglia acese Mariano Pennisi che accorse a Messina da Acireale proprio per andare a soccorrere i Macrì. Emanuele fu l’unico sopravvissuto della famiglia (aveva 13 mesi) e venne accudito come un figlio da Pennisi. In seguito apprese l’arte dal maestro Pennisi e diventò famoso in tutto il mondo per i suoi tour.Esposizione di Pupi di pregevole fattura presso il Museo Civico Vagliasindi di Randazzo.

In una sala del Castello Carcere è collocata la collezione di Pupi Siciliani della famiglia Russo composta da 37 marionette che rappresentano i personaggi dell’epopea storica della Chanson de Roland. La collezione fu realizzata tra il 1912 e il 1915 dallo scultore Emilio Musumeci e utilizzata dal puparo messinese Ninì Calabrese. Collezione di grande valore che è servita per allestire una rappresentazione alla presenza del Re Umberto II.

A Barletta una grande esperienza di pupari nella città pugliese rimane una ricca collezione di pupi di diverse dimensioni ospitata nel museo civico.

L´Opera dei Pupi Siciliani ha ottenuto il 18 maggio 2001 a Roma, assieme ad altre diciotto forme di espressione e spazi culturali il titolo di “Capolavoro del Patrimonio Orale e immateriale dell´ Umanità” attribuito dall´UNESCO.

La proclamazione dei Capolavori del Patrimonio Orale ed Immateriale dell´Umanità avviene per la prima volta e giunge a conclusione della riunione, di una giuria internazionale di diciotto membri presieduta dallo scrittore spagnolo Juan Goytisolo, durata tre giorni.

Nel proclamare i diciannove capolavori il direttore generale dell´UNESCO  Koìchiro Matsuura, ha sottolineato che quello di oggi è solo il primo passo nell´ambito dì un´azione a breve termine .Un´altra azione complementare e parallela sarà sviluppata a lungo termine : il progetto di uno strumento normativo che completi la Convenzione sul Patrimonio Mondiale, Culturale e Naturale del 1972.

Apprendendo la notizia della proclamazione il Presidente della Commissione Nazionale Italiana per l´UNESCO, ex Senatrice Tullia Carettoni Romagnoli ha espresso il suo apprezzamento per l´opera dell´UNESCO in questo ambito ed ha sottolineato come, “in epoca di globalizzazione il riconoscimento degli spazi e delle forme di espressione culturale immateriale rafforzi l´azione dell´UNESCO per il recupero e la salvaguardia di quelle forme di cultura che permeano la vita dei popoli mantenendone gli usi. Si tratta di una visione lungimirante che esalta e sottolinea il ruolo delle singole comunità.”  

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it