STORIE DI BANCHIERI, SPIE E…VECCHI COMUNISTI

Cambiano i nomi dei personaggi principali, cambia lo scenario… ma la sostanza resta la stessa. Un intreccio (quasi) inestricabile di interessi finanziari, gruppi di potere, mafie, delitti. E spie. Un romanzo, o se vogliamo un “serial” degno di un Le Carré o di un Forsythe, ed invece reale, concreto. Storie di figuri e figure che si aggirano in questa confusa Europa del dopo Guerra Fredda per lo più ignorati dalla grande informazione, che solo a tratti, nel vuoto dell’Estate, lascia trapelare stracci di notizie. Eppure storie affascinanti e, ancor più, interessanti, perché guardate in controluce permettono di meglio comprendere i retroscena della storia recente. E quelli della nostra stessa contemporaneità.

Questa volta il teatro dell’azione è Ginevra, la placida città Svizzera, capitale, però, di traffici finanziari che definire opachi sarebbe mero eufemismo. Ginevra dove, per fare un esempio, solo nel non lontano 2009 – e sono dati ufficiali dell’ONU – sono stati riciclati qualcosa come 1600 miliardi di dollari. Ginevra centro di smistamento degli interessi finanziari di tutte le mafie del globo. Vero e proprio paradiso del riciclaggio, perché, com’è ben noto, la “Svizzera lava più bianco”.

E in Svizzera, proprio a Ginevra risiede, sereno e tranquillo, Victor Khrapunov. Un personaggio ignorato dalle cronache ma, a ben vedere, davvero degno di attenzione.

Khrapunov è naturalmente anche lui originario del Kazakhstan. E diciamo “naturalmente” perché, altrimenti, non avrebbe senso parlare di spy story in salsa kazaka. Nella terra natia Victor aveva fatto una bella carriera già ai tempi dell’URSS. Membro del Partito Comunista Sovietico, si è formato, in gioventù, nella Scuola Superiore del Partito, che preparava i futuri dirigenti sovietici. Formazione ideologica rigorosamente marxista-leninista, ma anche formazione in campo manageriale e amministrativo. E Khrapunov, per quello che ne sappiamo, fu un allievo brillante. Tanto brillante che, al crollo dell’URSS è diventato il tipico esponente di quei nuovi manager rampanti che, usciti dalle file del Partito Comunista, fornirono provvisoriamente le nuove elite alle giovani, e confuse, repubbliche ex-sovietiche, e in molti casi, ne approfittarono per depredarle delle loro ricchezze. Insomma, quelli che vennero chiamati i nuovi Oligarchi.

Khrapunov nei primi anni della nuova Repubblica del Kazakhstan ha rivestito numerose cariche di prestigio nella pubblica amministrazione, approfittandone per accumulare una vera e propria fortuna e per piazzare in posizione chiave i membri del suo clan familiare. Perché quella del nostro Victor è una famiglia numerosa e molto attiva, nella quale spicca la moglie Leila a capo di una serie di società finanziarie ed immobiliari – un vero e proprio gioco di “scatole cinesi” – che hanno sfruttato la situazione per costruire un vero e proprio impero. Senza badare molto ai mezzi, che andavano dalla corruzione all’intimidazione di stampo “mafioso”. Poi, quando la situazione del Kazakhstan si è stabilizzata e la magistratura ha cominciato ad indagare su certe attività, i Khrapunov, armi e bagagli, si sono rifugiati tutti in blocco nell’accogliente Confederazione Elvetica.

Per di più i Khrapunov sono imparentati con Ablyazov, il bancarottiere fuggito, dopo il clamoroso fallimento del suo istituto di credito – che ha fortemente danneggiato anche gli asset bancari di istituti italiani, in primis MPS e Unicredit – e riparato prima a Londra, da dove si è dovuto però rapidamente eclissare inseguito da un mandato di cattura della magistratura britannica, che si andava ad aggiungere a quelli internazionali del Kazakhstan, Russia, Ucraina e l’elenco potrebbe continuare. Ablyazov riparato come è ben noto prima in Italia, dove è stato al centro del cosiddetto “giallo di Casalpalocco”, poi in Francia dove un raid delle teste di cuoio di Parigi lo ha finalmente condotto in carcere. Bene Khrapunov ed Ablyazov sono consuoceri e, naturalmente, soci in affari. Affari non proprio limpidissimi visto che il vecchio Victor sembra essere oggetto, nel suo buen retiro svizzero, delle attenzioni di parecchi servizi di intelligence, evidentemente incuriositi da traffici finanziari e non solo finanziari che corrono sul filo del rasoio, a metà tra il mondo della finanza d’assalto e quello delle mafie che riciclano i proventi dì attività come il commercio di armi ed altre amenità di questo tipo. Ed è particolarmente suggestivo il fatto che Khrapunov sia stato recentemente sorvegliato e controllato da una “agenzia privata” israeliana; un’agenzia dì intelligence privata, certo, ma della quale è consulente Meir Dagan un vecchio comandante del Mossad.

Khrapunov però è molto più abile del consuocero e di altri oligarchi. In Svizzera mantiene un profilo basso, non ostenta le ricchezze e sembra che abbia investito con molta intelligenza le sue fortune in terra elvetica. Così la magistratura locale lo ignora, o per lo meno finge di farlo, in ossequio al principio, tutto svizzero, della “neutralità”. E vari mandati di cattura internazionale che lo inseguono giacciono, probabilmente, in qualche polveroso cassetto di Ginevra.

Comunque la sua resta una storia esemplare, che ci permette di ricostruire in controluce il passaggio traumatico del mondo ex-sovietico a quello delle nuove repubbliche indipendenti, e, in contemporanea, l’emergere di nuove mafie, che nulla hanno da invidiare a quella siciliana. E che, anzi, si stanno rivelando ben più pericolose, capaci come sono di infiltrarsi in tutti i gangli della finanza internazionale. In un intreccio di interessi tale da rendere ben difficile la decifrazione della situazione anche al più acuto degli analisti. Forse, davvero, qui bisognerebbe resuscitare il buon vecchio James Bond. Per combattere questa novella “Spectre”.

 

 

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