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STING
15 Mar 2014 18:14
Per quanto fosse un contenitore pieno di sorprese e perfino di gemme preziose, il gruppo dei Police – caratterizzatosi troppo nel momento del punk inglese – non lasciava presagire l’esplosione di uno dei migliori talenti musicali degli ultimi decenni: Gordon Summer, in arte Sting.
Il primo album da solista fu una rivelazione: circondato da fior di jazzisti, ispirato da una vena compositiva traboccante, in The dream of the blue turtles il giovanotto di Newcastle spacca il diaframma che ancora copriva la sua musica nel gruppo che lo aveva lanciato, quasi come un velo adolescenziale, e si lancia in orbita in una musica raffinata, intrisa di umori world, scandita da ritmi poggianti su metriche inusuali, aperta alle inflessioni jazzistiche.
Da allora, un’interminabile serie di lavori legati da una linea costante: la ricerca a 360 gradi nello spazio della musica mondiale, dall’Africa all’America Latina, dal Medio Oriente agli angoli più remoti della tradizione folklorica europea. Ma il miracolo di Sting è la capacità di ricondurre le tante infinite suggestioni ad una cifra personale riconoscibile, unica, nel segno di una sensibilità melodica particolare.
Il bluray Live in Berlin, di appena due anni fa, immortala uno dei passaggi dello Sting sinfonico, supportato da una grande orchestra e da un gruppo di collaboratori stabili che contribuiscono alla riuscita del set: fra questi Dominic Miller alle chitarre e la bella e brava Jo Lawry, vocalist australiana di grande impatto timbrico. La scaletta è colma di tracks che hanno reso celebre Sting, da Englishman in New York a Roxanne, da Every Breath You Take a King of Pain. Il verice è però quello raggiunto con brani meno conosciuti del suo repertorio: I hung my head, ispirato al country di Johnny Cash; Desert Rose, travolgente variazione di una melopea araba; e soprattutto Whenever I Say Your Name, struggente e sensuale duetto con una Lawry strepitosa.
Broken Music racconta la storia di questo ragazzotto inglese, cresciuto in una grigia Newcastle, affascinato dalle navi in partenza dal porto e già folgorato dal lampo della musica.
Quelle navi che rappresenteranno un elemento ricorrente della sua ispirazione poetica, sensibile al tema del viaggio, dell’esplorazione, dell’ignoto.
Last Ship è l’ultimo album di Sting, una sfilza di pietre preziose incastonate in una ghirlanda musicale ispirata alla fascinazione del mondo: suggestioni celtiche, divertissement francese, l’America degli spazi e quella metropolitana. Fra tutte Language Of Birds, che parte con una metrica che richiama il punk raffinato dei Police e si svela presto come una ballad irlandese, tumultuosa e febbrile. Superlativa.
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