SINFOBIE

Le contaminazioni musicali sono una delle tante forme in cui si declina lo spirito del post-moderno, di cui abbiamo parlato in questa sede. Culture che si incontrano e si infettano reciprocamente, passato e presente, piani alti e piani bassi della cultura, linguaggi che sfumano gli uni dentro gli altri.

La musica ha uno status  speciale: i significati che veicola sono insieme astratti e concreti, mai riconducibili al sistema di senso tipico delle parole. Ma quando si combina con la poesia, riesce a superare ogni limite.

Nel panorama sempre più effervescente dei gruppi musicali della nostra provincia, uno spazio speciale se lo ritagliano Soulcè & Teddy Nuvolari (ovvero: Giovanni Arezzo e Vincenzo Sortino) che con il loro “Sinfobie” riescono a commuovere, a trascinare, a stupire attraverso il loro progetto di fusion post-moderna.

L’album è costruito come una sorta di patchwork musicale: istantanee che si sfrangiano in quelle limitrofe, lo sfondo che spesso emerge e diventa figura, le parole che sembrano musica (il loro tributo alla cultura dei rappers), siparietti  lounge jazz (“Abat-jour”), la soulness immersa nell’acido house ( “Sinfobie”) o affogata nella nostalgia (“Interludio”),  il lignaggio europeo che apre la scena nei brani forse più struggenti (“Giocattoli” e “Novecento”). E poi la ricostruzione straniata di un pop degli anni ’40 (“Pupazzo di ruggine”),  l’omaggio sorprendente al mondo sospeso di Woody Allen (“Manhattan”) e gli U2 (nell’incipit di “Araba scalza”). E tanto altro ancora.

Mobile e avvolgente, il racconto on the road di Soulcè si snoda sul tappeto dalla trama fitta organizzato da Teddy Nuvolari, che con i suoi stratching dimostra competenza tecnica e sensibilità musicale. Con loro, poi, un nugolo di amici ospiti che riempiono di allegra giocosità la festa dell’ascolto.

Soulcè scrive poesie in punta di rap, si fa suggestionare da Baricco ma rivolge lo sguardo ai poeti maledetti e alla cultura jazzy della consunzione (a quando un omaggio a Billie Holliday?). Narra se stesso ma invita a specchiarsi nelle sue cartoline della memoria, che mostrano una tensione nostalgica davvero sorprendente in un artista così giovane.

Il post-moderno che si declina nella sua forma più attuale: fossero nati nei fifties, Giovanni e Vincenzo sarebbero probabilmente stati artisti del progressive rock, o si sarebbero fatti permeare dalla musica frizionante del rock-jazz (Colosseum…..?). Ma sono nati negli anni ’80 e hanno il merito di essere capaci di riempire una buona parte del vuoto di quel decennio con una ricchezza che commuove!

Soulcè & Teddy Nuvolari, Sinfobie, Violet – Soulville ed.  

 

 

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