Se le donne sono superiori, perché ha vinto Trump?

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

La competizione fra Trump e la Harris era anche (non solo) il confronto tra un uomo e una donna. Nella chiave di una semplificazione, direi tra il “maschile arcaico” e il “femminile moderno”. Ma, perseverando disinvoltamente nella semplificazione, era anche la sfida tra il maschile e il femminile nella platea degli elettori.

In democrazia è doveroso accettare il responso delle urne, nella misura in cui riflette le scelte e i desideri di chi ha votato. Tuttavia, a volte la biografia di Trump, le sue pose e gli atteggiamenti, alcune sue uscite e dichiarazioni pubbliche, le prese di posizione sui diritti civili forse avrebbero dovuto far insorgere in modo trasversale e solidale la costellazione delle donne, al di là di valutazioni politiche, sociali o persino economiche (ben più cruciali e decisive). Così non è stato. Non sino in fondo. Nel caso di Kamala e delle elettrici è lecito raccontare una profonda sconfitta.

Ieri mattina mi sono affiorate in mente le parole del professor Barbero, che tre anni orsono avevano scatenato una pioggia di polemiche. Lo stimatissimo divulgatore asserì, per il tramite di una domanda retorica, che le donne hanno meno successo in molti campi perché esistono differenze strutturali con l’uomo, in virtù delle quali alle “femmine” mancherebbero l’aggressività, la spavalderia, la sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi. Forse le sue parole furono fraintese. Ed egli alludeva semplicemente alle ben note differenze tra uomo e donna. 

Bene. Dicono che il bambino sia il padre dell’uomo (e, dunque, la bambina è la madre della donna). Nei centri cerebrali del linguaggio e dell’ascolto le donne hanno circa il 10% di neuroni in più. Il testosterone, che inonda un feto maschio, sopprime alcune cellule dei centri della comunicazione e ne genera di più nei centri del sesso e dell’aggressività. Spicca nelle donne l’intelligenza emotiva e la predisposizione all’espressione verbale e alle relazioni interpersonali. Le bambine di appena un anno sono più sensibili alla sofferenza altrui. Le bambine prendono decisioni collettive, minimizzando i conflitti. Iniziano a parlare prima. E a venti mesi hanno già un vocabolario due o tre volte più ricco di quello dei maschi. I piccoli maschi sono interessati ai giochi turbolenti e “muscolari”, al ruolo sociale e al potere, più che alle relazioni interpersonali. 

Pertanto, se le donne, sin dall’età evolutiva, dimostrano in non poche aree una superiorità non trascurabile, a rendere faticoso il successo delle donne è il loro approccio debole e “molle” o piuttosto la resistenza granitica di una bolla patriarcale e maschilista? La spavalderia è un valore che deve essere implicitamente celebrato e incoraggiato nello stile di quegli individui che cercano la propria realizzazione?

Noi vorremmo vivere in un mondo nel quale l’intelligenza e la competenza fossero riconosciute a prescindere da tutto il resto. Che la sensibilità fosse considerata un valore aggiunto. Così come la mitezza, l’attitudine alla pazienza, lo stile nel saper attendere il proprio turno, la grazia del rispetto nel bosco dei talenti. Non la prepotenza alfa nella giungla dei mille falli. Le donne sono sovente annoiate da attività gestite storicamente male soprattutto dagli uomini (la politica, ad esempio). 

Diciamolo. Non le ha giovato. Kamala in questi anni era stata “tenuta” all’ombra di Biden. Ed elettori maschi ed elettrici femmine, nell’America rurale e profonda, forse guardano con più “fiducia” ad un “autoritario” candidato uomo.

Io insomma la vedo così: se le donne a volte non accedono alla stanza dei bottoni, è perché il passato ha rubato loro le chiavi. E loro non hanno la forza di buttare giù la porta.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it