SABIR FESTIVAL DI POZZALLO

Credo che la cosa che più mi abbia colpito del Sabir Festival sia stato un video, mostrato durante il primo modulo di formazione organizzato da Carta di Roma, dal titolo “Storie in movimento. Come i media del Mediterraneo raccontano l’immigrazione”, durante il quale si è discusso soprattutto di deontologia professionale, di pratiche scorrette e da prendere invece come modello quando si tocca il tema delicato dell’immigrazione. Il video mostrava diversi spezzoni di vari telegiornali nazionali. Immagini che hanno raggiunto le nostre case a qualsiasi ora della giornata, che ci siamo portati dietro, volenti o nolenti, a lezione, al lavoro, in palestra. Immagini di barconi, di mani protese dalle banchine dei porti, inquadrature di neonati avvolti in pesanti coperte e di bimbi che stringono al petto giochini e zainetti. Zainetti pieni di sogni, nascosti tra qualche merendina un po’ schiacciata, colmi di speranza di un futuro migliore al di là delle onde azzurre del Mediterraneo. È questo che molto spesso si dimentica durante le lunghe e pompose riunioni, le tavole rotonde e gli incontri istituzionali organizzati per discutere le politiche da adottare per fronteggiare il fenomeno. Ci si dimentica degli zainetti, degli occhi curiosi di coloro i quali sanno di aver affrontato la morte e di esserne comunque usciti vincitori.

Il Festival Sabir, organizzato da ARCI in collaborazione con il comune di Pozzallo, patrocinato dall’ANCI e promosso dall’ARCI, Caritas, A buon diritto, Asgi, Carta di Roma ed ACLI, nasce come evento diffuso e mobile, un veicolo di riflessione nei luoghi ormai divenuti simbolo di accoglienza e vere e proprie “porte d’Europa”. Così, dopo la prima edizione svoltasi a Lampedusa, Pozzallo sembra la più consona continuazione, in quanto luogo di approdo ed accoglienza soprattutto negli ultimi anni, il più vicino alla costa libica dopo Lampedusa. La collocazione geografica in Sicilia vuole anche essere un forte richiamo alla responsabilità collettiva per le grandi stragi di frontiera avvenute al largo del Mediterraneo, in cui hanno perso la vita, solo nel 2015, più di 3500 tra uomini, donne e bambini. Responsabilità in parte riconducibile alle scelte politiche di Italia ed Europa in materia d’immigrazione ed ai comportamenti UE contrari a molti dei principi contenuti nella Carta di Nizza e nelle Costituzioni successive al 1945. Emerge quindi la necessità di una risposta politica alle tragedie del mare e di conseguenza alla gestione delle frontiere. Le “alternative mediterranee” sono state il punto cruciale, da sfondo a tutte le iniziative. Spettacoli, dibattiti, incontri internazionali e stage hanno animato la città di Pozzallo per tutta la durata del Festival, dal 12 al 15 maggio. Ad attività culturali e laboratori interattivi, musicali e teatrali si sono alternati incontri internazionali con l’obiettivo di continuare a far emergere le voci degli abitanti e dei migranti, troppo spesso protagonisti di una convivenza forzata e non sempre pacifica. I temi trattati sono stati molteplici, dai conflitti all’interno della regione, agli estremismi nazionali emersi, passando dalle urgenze ambientali fino ai diritti culturali ed alla libertà di espressione. La seconda edizione ha puntato a dare maggior protagonismo ai soggetti sociali coinvolti: reti, associazioni, movimenti e gruppi informali da sempre impegnati in questo ambito nell’organizzazione e nella gestione delle attività. I vari laboratori hanno permesso a molti giovani di mettersi in gioco in diversi ambiti: il laboratorio teatrale, tenuto da Cantieri Meticci, compagnia teatrale di Bologna e diretta da Pietro Floridia, ha permesso agli attori di spostarsi nel territorio per raccogliere storie e condurre brevi workshop di narrazione. Il workshop Graphic Journalism, a cura di Gianluca Costantini si è posto l’obiettivo di spiegare, tramite il disegno, il concetto di frontiera. Mentre il laboratorio Musica Rap e Hip Hop Oltre i mari ha permesso di dare un contributo, con il linguaggio dei giovani rivolto ad altri giovani, alla battaglia culturale contro il razzismo. A coronare il tutto, le tre mostre fotografiche curate da Etrange Miror e Caritas, hanno mostrato il punto di vista dei migranti, lineamenti stranieri, ma uguale battito di cuore. I diversi moduli di formazione hanno permesso a giornalisti, giuristi ed operatori dell’accoglienza di trattare, ognuno nel proprio ambito, il tema dell’immigrazione e del sistema hot-spot, analizzando il ruolo dei centri di identificazione. Anche i ragazzi delle scuole superiori sono stati chiamati ad una riflessione su “Europa, sfide e cambiamenti” durante l’incontro con la Presidente della Camera, Laura Boldrini. I concerti dei Modena City Ramblers e di Piotta, Kiave&Gheesa hanno allietato le serate del festival. Il tutto contornato da un’aura ed un clima di solidarietà, condivisione e soprattutto rispetto reciproco. A conclusione, domenica 15 si è svolta la Manifestazione Nazionale “No ai muri, sì all’accoglienza”, una marcia contro i muri interni ed esterni all’UE, per la chiusura di tutti gli hot-spot, per la cancellazione dell’accordo UE Turchia e per un’accoglienza dignitosa. La speranza di un mondo senza discriminazione alcuna, di accoglienza, solidarietà e fiducia verso il prossimo è la benzina di associazioni che si impegnano, giorno dopo giorno, a far sì che diventi una cosa concreta, regolarizzata ed accettata da tutti. “Siamo sempre lo straniero di qualcun altro. Imparare a vivere insieme è lottare contro il razzismo”.
(Tahar Ben Jelloun).

Mariachiara Scollo.

 

 

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