Ritorna la Camera di Commercio del Sud Est. La ripristina la Corte Costituzionale

Il cambio di rotta della Camera di Commercio del Sud Est, che per decreto era da scindere in Camera di Commercio di Catania e poi accorpare Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani non poteva considerarsi un provvedimento legato al Covid, come invece è stato attraverso l’articolo 54-ter, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, che invece conteneva misure urgenti legate all’emergenza COVID-19 per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali. Insomma il covid e la Camera di Commercio del Sud Est non c’entravano nulla. E così dopo anni di ricorsi e polemiche, e perfino commissari contrapposti, adesso arriva una risposta da parte della magistratura.

Fu sbagliato. E con una sentenza depositata l’11 dicembre scorso, la Corte Costituzionale ripristina la Camera di Commercio del Sud Est, consolidando l’unione tra gli enti camerali di Catania, Siracusa e Ragusa. Per la Corte Costituzionale il contenuto dell’articolo di quel decreto legge è da considerarsi illegittimo.

La Corte era stata chiamata sciogliere la riserva sul quesito proposto dal consiglio di giustizia amministrativa di Palermo, ritenendo che l’intervento legislativo non fosse una misura temporanea di sostegno ai settori produttivi maggiormente colpiti dalla pandemia. Invece, l’art. 54-ter, comma 2, ha introdotto una nuova configurazione delle Camere di commercio siciliane, proponendo una riorganizzazione definitiva del sistema camerale siciliano.

Secondo i giudici della Consulta, l’ambito di intervento e gli obiettivi perseguiti da questa disposizione normativa rispondono a finalità totalmente diverse rispetto all’originario decreto-legge. La sentenza sottolinea che tali obiettivi non possono essere ricondotti ad alcuna delle ragioni originarie dell’atto del Governo, sottolineando così la necessità di proteggere l’efficienza e l’equilibrio economico, nonché il numero massimo di camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Questo verdetto della Corte Costituzionale costituisce un passo significativo nella giurisprudenza in materia di riorganizzazione delle istituzioni camerale siciliane. La sentenza rimarca la centralità della conformità agli indicatori di efficienza ed equilibrio economico nella realizzazione di qualsiasi modifica al sistema camerale.

Per chi ama il diritto, qui a seguire vi forniamo le principali motivazioni che hanno portato la Corte Costituzionalea ripristinare la Camera di Commercio del Sud Est.

Considerato in diritto

1.– Con la sentenza non definitiva indicata in epigrafe, il CGARS ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 77, secondo comma, 97, secondo comma, 117, terzo e quarto comma, Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito.

La disposizione censurata disciplina la fase transitoria che precede l’attuazione della riforma del sistema camerale della Regione Siciliana, prevista dal comma 1. Essa prevede l’istituzione – «anche mediante accorpamento e ridefinizione delle circoscrizioni territoriali delle camere di commercio esistenti» – di due nuove CCIAA, in particolare quella di Catania e quella di Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani e stabilisce inoltre che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il presidente della Regione Siciliana, è nominato un commissario per ciascuna di queste nuove CCIAA.

2.– In primo luogo, il giudice a quo ritiene che la disposizione in esame, inserita in sede di conversione del d.l. n. 73 del 2021, violi l’art. 77, secondo comma, Cost., essendo priva di omogeneità rispetto all’oggetto e alle finalità di questo decreto.

Inoltre, l’art. 54-ter, comma 2, è censurato per contrasto con l’art. 3 Cost., poiché si tratterebbe di una norma-provvedimento che avrebbe irragionevolmente modificato l’ordinamento delle CCIAA siciliane, introducendo un assetto che deroga alla disciplina stabilita in via generale dalla legge n. 580 del 1993 e dal d.lgs. n. 219 del 2016. D’altra parte, ad avviso del CGARS, il sistema previsto in via transitoria dalla disposizione censurata sarebbe differente anche rispetto a quello previsto in via definitiva dal comma 1 dello stesso art. 54-ter del d.l. n. 73 del 2021, come convertito.

La transitorietà della disposizione censurata – destinata a operare nelle more della riorganizzazione delle CCIAA siciliane – e la conseguente successione di scelte organizzative contrastanti determinerebbero anche la violazione del principio di buon andamento, di cui all’art. 97, secondo comma, Cost.

Infine, ad avviso del giudice a quo, il riordino delle CCIAA previsto dalla disposizione censurata – in quanto adottato unilateralmente dallo Stato, in assenza del necessario coinvolgimento della Regione Siciliana – violerebbe il principio di leale collaborazione.

3.– In via preliminare, va rilevato che non possono essere presi in considerazione gli ulteriori profili di illegittimità costituzionale prospettati dalle parti costituite in giudizio.

Essi investono il dedotto contrasto dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, con parametri costituzionali diversi rispetto a quelli evocati dal giudice a quo, ossia con gli artt. 2, 24, 25, 41, 77, secondo comma, 103, 113, 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost., con gli artt. 14, lettera d), e 17 dello statuto regionale, nonché con l’art. 3 del TUE e l’art. 49 TFUE.

Tutti questi profili di illegittimità costituzionale si pongono al di fuori del perimetro tracciato dall’atto di rimessione. Questa considerazione vale anche riguardo al contrasto con l’art. 77, secondo comma, Cost., che ad avviso delle parti deriverebbe dal difetto dei requisiti della necessità e urgenza del d.l. n. 73 del 2021 (oltre che dalla mancanza di omogeneità della norma censurata rispetto all’impianto dell’originario decreto-legge, come denunciato dal giudice a quo). Sebbene la disposizione censurata ed il parametro evocato siano formalmente gli stessi, questi argomenti illustrati dalle parti private in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., introducono un motivo di illegittimità costituzionale diverso e ulteriore rispetto a quello fatto proprio dal giudice a quo.

In quanto volti ad allargare il thema decidendum, nessuno di questi profili può essere esaminato nel merito. Infatti, la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che l’oggetto del giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale è limitato alle disposizioni e ai parametri indicati nell’ordinanza di rinvio e che non possono, pertanto, essere presi in considerazione, oltre i limiti in questa fissati, ulteriori questioni o profili di costituzionalità dedotti dalle parti, sia eccepiti, ma non fatti propri dal giudice a quo, sia volti ad ampliare o modificare successivamente il contenuto della stessa ordinanza (tra le più recenti, sentenze n. 161 e n. 63 del 2023n. 228n. 198 e n. 186 del 2022).

4.– Ancora in via preliminare, occorre rilevare che le successive modifiche dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, non impongono la restituzione degli atti al rimettente.

Per giurisprudenza costituzionale costante, lo ius superveniens che incida solo parzialmente sulla norma della cui legittimità costituzionale si dubita, senza mutare i termini della questione, per come è stata posta dal giudice a quo, non impone la restituzione degli atti (ex multissentenze n. 30 del 2021 e n. 203 del 2016).

Nel caso in esame, dapprima l’art. 28, comma 3-bis, del d.l. n. 152 del 2021 ha modificato la disposizione censurata, nella parte in cui sono disciplinati i criteri per la nomina dei commissari delle nuove CCIAA siciliane. Come rilevato dal giudice a quo, il contenuto di queste modifiche non altera la sostanza normativa della disposizione oggetto di sindacato e non influisce sulla rilevanza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale, che attengono invece all’istituzione delle nuove CCIAA e alla definizione delle relative circoscrizioni territoriali.

D’altra parte, sulla rilevanza delle questioni non incidono neppure le ulteriori modifiche apportate dall’art. 51-bis, comma 1, del d.l. n. 50 del 2022. Anche in questo caso, infatti, si tratta di modifiche che riguardano l’estensione dei poteri dei commissari delle nuove CCIAA, ma non incidono sulla previsione dell’istituzione dei nuovi enti camerali siciliani, che forma oggetto delle questioni sollevate dal CGARS.

5.– Per ragioni di ordine logico, va esaminata per prima la questione sollevata in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., che assume carattere pregiudiziale, poiché attiene ai presupposti del corretto esercizio della funzione normativa primaria (sentenze n. 151 del 2023n. 8 del 2022, n. 30 del 2021n. 186 e n. 115 del 2020n. 288 e n. 247 del 2019n. 189 del 2018 e n. 169 del 2017).

A sostegno di questo motivo di illegittimità costituzionale, il giudice a quo denuncia il difetto di omogeneità dell’art. 54-ter, comma 2, rispetto al contenuto e alle finalità del d.l. n. 73 del 2021, in cui la disposizione censurata è stata inserita in sede di conversione in legge.

5.1.– Non è fondata, in primo luogo, l’eccezione, sollevata dalla difesa statale, di inammissibilità della questione per difetto di idonea motivazione in ordine ai dedotti profili di disomogeneità della disposizione censurata rispetto al d.l. n. 73 del 2021.

Va rilevato infatti che, in riferimento a questa censura, il CGARS si è soffermato criticamente sul difetto di omogeneità dell’art. 54-ter, comma 2, inserito dalla legge di conversione n. 106 del 2021, evidenziando, in particolare, che esso introduce una disciplina che non troverebbe giustificazione in alcuna delle molteplici finalità perseguite dal d.l. n. 73 del 2021, come convertito, né risponderebbe all’obiettivo di superare le difficoltà finanziarie originate dall’emergenza pandemica.

Ad avviso del giudice a quo, l’intervento volto al transitorio riassetto del sistema camerale siciliano non sarebbe funzionale agli obiettivi di superare le criticità connesse alla pandemia e di assicurare la continuità dei servizi dei soggetti pubblici esistenti. In definitiva, l’art. 54-ter, comma 2, si porrebbe in contrasto con l’art. 77, secondo comma, Cost., poiché estraneo rispetto al contenuto e alle finalità del d.l. n. 73 del 2021.

Alla luce di quanto sopra, i contorni della censura in esame risultano chiari e niente affatto generici. L’atto di rimessione risulta adeguatamente argomentato in ordine alle ragioni del preteso contrasto della disposizione censurata con il parametro costituzionale evocato. L’eccezione di inammissibilità formulata dall’Avvocatura generale dello Stato deve essere dunque respinta.

5.2.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, sollevata in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., è fondata.

5.2.1.– Come si è accennato, a sostegno di questo motivo di illegittimità costituzionale il CGARS denuncia il difetto di omogeneità dell’art. 54-ter, comma 2, rispetto al contenuto e alle finalità dell’originario d.l. n. 73 del 2021, in cui tale disposizione è stata introdotta in sede di conversione in legge. La questione sollevata dal CGARS chiama, dunque, in gioco il requisito dell’omogeneità dei contenuti normativi introdotti dalla legge di conversione rispetto a quelli propri del decreto-legge.

5.2.2.– Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, la legge di conversione riveste i caratteri di una fonte «funzionalizzata e specializzata», volta alla stabilizzazione del decreto-legge, con la conseguenza che non può aprirsi ad oggetti eterogenei rispetto a quelli in esso presenti, ma può solo contenere disposizioni coerenti con quelle originarie dal punto di vista materiale o finalistico (da ultimo, sentenze n. 113 n. 6 del 2023n. 245 del 2022n. 210 del 2021 e n. 226 del 2019), «essenzialmente per evitare che il relativo iter procedimentale semplificato, previsto dai regolamenti parlamentari, possa essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano il decreto-legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare» (sentenze n. 245 del 2022n. 210 del 2021, n. 226 del 2019: nello stesso senso, sentenze n. 145 del 2015n. 251 e n. 32 del 2014).

Questa Corte ha infatti affermato «[l’]esigenza di preservare l’ordinaria funzionalità del procedimento legislativo di cui all’art. 72, primo comma, Cost. – che permette una partecipazione parlamentare ben più efficace di quella consentita dall’iter, peculiare e contratto, della legge di conversione» (sentenza n. 245 del 2022; sul punto, tra le molte, sentenze n. 171 del 2007 e n. 29 del 1995, nonché sentenze n. 8 del 2022 e n. 128 del 2008). Ciò si pone in armonia con l’ulteriore giurisprudenza di questa Corte sull’uso improprio e strumentale del decreto-legge, volta ad evitare deviazioni dal sistema costituzionale delle fonti normative e dalla centralità che è propria della legge ordinaria (tra le molte, sentenze n. 171 del 2007 e n. 29 del 1995, nonché sentenze n. 8 del 2022 n. 128 del 2008).

Ne consegue il divieto, in sede di conversione, di alterare «l’omogeneità di fondo della normativa urgente, quale risulta dal testo originario», poiché «l’inclusione di emendamenti e articoli aggiuntivi che non siano attinenti alla materia oggetto del decreto-legge, o alle finalità di quest’ultimo, determina un vizio della legge di conversione in parte qua» (sentenza n. 32 del 2014).

La coerenza delle disposizioni aggiunte in sede di conversione rispetto alla disciplina originaria del decreto-legge può dunque essere valutata sia dal punto di vista oggettivo e materiale, sia dal punto di vista funzionale e finalistico (tra le molte, sentenze n. 30 del 2021n. 247n. 226 n. 181 del 2019ordinanze n. 204 e n. 93 del 2020).

Quanto poi ai decreti-legge a contenuto plurimo, eterogeneo ab origine, occorre infine considerare specificamente anche il profilo teleologico, cioè l’osservanza della ratio dominante che ispira l’intervento normativo d’urgenza (tra le molte, sentenze n. 8 del 2022sentenze n. 30 del 2021n. 149 del 2020n. 115 del 2020n. 247 del 2019, n. 244 del 2016n. 154 del 2015 e n. 32 del 2014).

5.2.3.– Al fine di esaminare il contenuto della disposizione censurata occorre richiamare i tratti salienti del quadro normativo in cui essa si colloca.

L’art. 54-ter, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2021 interviene nel processo di generale riassetto avviato dall’art. 10 della legge delega n. 124 del 2015, volto alla razionalizzazione e riduzione dei costi del sistema camerale attraverso la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali delle CCIAA, con conseguente riduzione del loro numero entro il limite di sessanta, mediante accorpamento di due o più enti camerali.

I principi e criteri direttivi posti dall’art. 10, lettera b), della suddetta legge delega hanno ricevuto attuazione con l’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 219 del 2016, che ha stabilito la nuova procedura per l’accorpamento delle circoscrizioni territoriali e la modifica delle circoscrizioni esistenti, ferma restando la necessità di conservare l’equilibrio economico finanziario per ciascuna delle CCIAA interessate.

Per quanto riguarda il sistema camerale della Regione Siciliana, cui si riferisce la disposizione censurata, i procedimenti di accorpamento erano stati avviati ancor prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 219 del 2016 e avevano portato – su proposta degli enti camerali interessati e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni – all’istituzione della CCIAA di Catania, Ragusa e Siracusa della Sicilia orientale, in seguito denominata CCIAA del Sud Est Sicilia, con sede legale a Catania (decreto del Ministro dello sviluppo economico 25 settembre 2015), e di quella di Agrigento, Caltanissetta e Trapani, con sede a Trapani (decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 aprile 2015).

A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 219 del 2016, i decreti del Ministro dello sviluppo economico 8 agosto 2017 e 16 febbraio 2018 hanno successivamente confermato le rispettive circoscrizioni territoriali di entrambi questi enti camerali della Regione Siciliana.

La disposizione censurata modifica questo assetto. Essa prevede, in via transitoria, in attesa della definitiva riorganizzazione del sistema camerale siciliano, l’istituzione, con decreto del Ministro per lo sviluppo economico, di due nuove CCIAA in sostituzione del precedente assetto, in particolare quella di Catania e quella di Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani, in sostituzione del precedente assetto.

5.2.4.– Ciò posto, occorre verificare se questo contenuto della disposizione censurata, introdotta in fase di conversione, sia funzionalmente correlato all’originario d.l. n. 73 del 2021.

Si tratta di una valutazione che deve tenere conto di molteplici indicatori, individuati dalla giurisprudenza costituzionale nella coerenza della norma rispetto al titolo del decreto e al suo preambolo (sentenze n. 186 del 2020n. 288 e n. 33 del 2019n. 137 del 2018); nell’omogeneità contenutistica o funzionale della norma rispetto al complessivo apparato normativo del decreto-legge (sentenze n. 186 e n. 149 del 2020n. 97 del 2019 e n. 137 del 2018); nello svolgimento dei lavori preparatori (sentenze n. 288 del 2019n. 99 e n. 5 del 2018); nel carattere ordinamentale o di riforma della norma (sentenze n. 33 del 2019n. 99 del 2018 e n. 220 del 2013).

5.2.4.1.– A questo fine va osservato che il d.l. n. 73 del 2021, nella sua originaria formulazione, ossia prima delle modifiche introdotte dalla legge di conversione, si componeva di 78 articoli, riconducibili a molteplici ambiti tematici. Oltre che dalla struttura normativa del decreto-legge, le rationes giustificative dell’intervento d’urgenza sono ricavabili dal titolo dello stesso («Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali»), nonché dal suo preambolo. Quest’ultimo fa riferimento alla necessità di introdurre «misure a sostegno dei settori economici e lavorativi più direttamente interessati dalle misure restrittive […] per la tutela della salute in connessione al perdurare dell’emergenza epidemiologica da Covid-19», nonché alla «straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure di sostegno alle imprese e all’economia, interventi a tutela del lavoro, della salute e della sicurezza, di garantire la continuità di erogazione dei servizi da parte degli Enti territoriali e di ristorare i settori maggiormente colpiti dall’emergenza epidemiologica Covid-19».

Gli interventi previsti dal d.l. n. 73 del 2021 si articolano dunque su molteplici linee di azione, espressamente indicate nei nove Titoli di cui esso si compone, che comprendono: sostegno alle imprese, all’economia e abbattimento dei costi fissi; accesso al credito e liquidità delle imprese; tutela della salute; lavoro e politiche sociali; sostegno agli enti territoriali; politiche per i giovani, la scuola e la ricerca, oltre ad alcune misure di carattere più settoriale in materia di cultura, di agricoltura e trasporti. Il d.l. n. 73 del 2021 si qualifica quindi come un provvedimento governativo ab origine a contenuto plurimo, volto alla finalità unitaria di introdurre misure di sostegno economico in svariati settori produttivi, in relazione alle conseguenze dell’emergenza epidemiologica.

Tra le disposizioni inserite in sede di conversione rientra l’art. 54-ter, collocato nel Titolo quinto del d.l. n. 73 del 2021, dedicato agli «Enti territoriali». Questo Titolo, fra l’altro, contiene disposizioni in materia di trasporto pubblico locale (art. 51), misure di sostegno all’equilibrio di bilancio degli enti locali (art. 52), interventi di sostegno alle famiglie per il pagamento dei canoni di locazione e delle utenze domestiche (art. 53), nonché disposizioni sulla restituzione di riserve alle Province autonome Trento e Bolzano (art. 54), sul contributo per il mancato incasso dell’imposta di soggiorno (art. 55), nonché sull’utilizzo da parte delle regioni e province di ristori già previsti da altre disposizioni (artt. 56 e 57).

Dai lavori preparatori della legge di conversione risulta che la disposizione censurata è stata introdotta nell’ambito dell’emendamento n. 11.26, approvato dalla Commissione bilancio della Camera dei deputati nella seduta del 9 luglio 2021 (AC n. 3132 – XVIII Legislatura). In questa sede, l’art. 54-ter si mostrava già nella versione definitiva, poi confluita nel testo della legge di conversione, approvato dalla Camera il 22 luglio 2021.

5.2.5.– Come si è visto, l’art. 54-ter, comma 2, stabilisce, in via transitoria, un nuovo assetto del sistema camerale siciliano. Si tratta, nell’insieme, di un intervento che attiene alla configurazione e alla concreta operatività di alcune delle CCIAA siciliane, ossia di soggetti ab origine non considerati, nemmeno indirettamente, dall’originario decreto-legge, come dimostrato dal preambolo, dalle rubriche e dai contenuti normativi dei singoli articoli che lo componevano. La genesi della disposizione censurata evidenzia dunque la mancanza di un collegamento con alcuno degli originari ambiti di intervento del decreto-legge originario.

L’intervento in esame non è qualificabile, come sostiene la difesa statale, in termini di misura temporanea di sostegno ai settori produttivi maggiormente colpiti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19. La disposizione censurata introduce infatti una nuova configurazione delle CCIAA siciliane, in vista della definitiva riorganizzazione del sistema camerale siciliano, da realizzare «nel rispetto degli indicatori di efficienza e di equilibrio economico nonché del numero massimo di camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura previsto dall’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219» (art. 54-ter, comma 1, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito). Essa si prefigge una finalità di carattere ordinamentale, come quella già individuata dalla legge n. 124 del 2015 e dal d.lgs. n. 219 del 2016: prescinde dunque dall’emergenza pandemica e non si pone nell’ottica di interventi temporanei di sostegno alle imprese.

D’altra parte, l’elemento di correlazione non è rinvenibile nell’esigenza di assicurare la «continuità di erogazione dei servizi da parte degli Enti territoriali», richiamata nel preambolo. La disciplina introdotta dall’art. 54-ter, comma 2, risulta infatti del tutto estranea a questa finalità, non solo perché le CCIAA non sono qualificabili come enti territoriali, ma anche perché la disposizione censurata delinea un assetto che si discosta in modo significativo dal precedente, anche sul piano procedurale, prevedendo elementi di notevole discontinuità rispetto alla precedente configurazione delle CCIAA siciliane.

L’ambito di intervento e gli obiettivi perseguiti dall’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito – il transitorio riassetto del sistema camerale siciliano – rispondono, in definitiva, a finalità del tutto diverse rispetto a quelle proprie dell’originario decreto-legge. Tali obiettivi non appaiono riconducibili ad alcuna delle plurime rationes dell’atto del Governo.

5.2.6.– Va infine osservato che l’estraneità della disposizione censurata sia rispetto alle finalità perseguite dal d.l. n. 73 del 2021, sia rispetto alle materie che quest’ultimo disciplina, è stata anche sottolineata dal Presidente della Repubblica nella lettera inviata il 23 luglio 2021 ai Presidenti del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati e al Presidente del Consiglio dei Ministri, in occasione della promulgazione della legge di conversione.

5.2.7.– Dall’esame della genesi, del contenuto e della ratio della disposizione censurata emerge, pertanto, la sua palese estraneità rispetto ai contenuti e alle finalità del decreto-legge in cui la stessa è stata inserita. Ciò evidenzia la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. per difetto del necessario requisito dell’omogeneità, in assenza di qualsivoglia nesso funzionale tra le disposizioni del decreto-legge originario e quella introdotta, con emendamento, in fase di conversione.

Al riguardo va rammentato che da tempo la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto che «il rispetto del requisito dell’omogeneità e della interrelazione funzionale tra disposizioni del decreto-legge e quelle della legge di conversione ex art. 77, secondo comma, Cost. sia di fondamentale importanza per mantenere entro la cornice costituzionale i rapporti istituzionali tra Governo, Parlamento e Presidente della Repubblica nello svolgimento della funzione legislativa» (sentenza n. 32 del 2014).

In definitiva, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, per violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost.

6.– Restano assorbite le questioni relative agli altri parametri evocati dal rimettente.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 novembre 2023.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Marco D’ALBERTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria l’11 dicembre 2023

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