Rischio idrogeologico e vincoli di legge. La pineta di Chiaramonte urge interventi

L’incendio che ha distrutto la pineta di Chiaramonte rappresenta senza dubbio una ferita indelebile per l’intera comunità.

Ciò che un tempo era un polmone verde che esalava vita, oggi con il suo aspetto tetro, stringe il cuore ed incute quasi paura. Non c’è chiaramontano il cui pensiero  non ricorra quotidianamente a quella ferita. Ancora aperta e dolorante.

La classe politica, vuoti proclami di pronta risoluzione a parte, non ci ha riservato nessuna gradita notizia.

Il Presidente Crocetta pensa di ricorrere al “Patto per la Sicilia” per dare ristoro alle imprese, mentre a Chiaramonte la stessa l’opposizione in consiglio propone il 5Xmille da devolvere alle aziende danneggiate direttamente dall’incendio.

La prima ipotesi è difficilmente percorribile considerato il chiaro di luna che si registra alla Regione in questi tempi di campagna elettorale difficile e per la notoria distrazione  Crocettiana verso i bisogni ragusani. La seconda ipotesi locale, quella del 5Xmille, sapeva toppo di politica, ed il marpione del neo Sindaco, navigato e di lungo corso, manco ci ha pensato due volte a farla bocciare dai suoi della  maggioranza del consiglio, definendola  semplicemente  “inutile”.

Non è detto tuttavia che la politica debba, in merito a questa vicenda, proseguire con la sua sterilità.  Qualcosa di concreto e serio  potrebbe nell’immediato farla. Non costerebbe nulla e spianerebbe preziosamente  la strada ad una reale azione di bonifica dell’intera area della pineta.

L.R. n. 14/2006,Modifiche ed integrazioni alla legge regionale n. 16/96, ‘Riordino della legislazione in materia forestale e di tutela della vegetazione’ che ha successivamente recepito  la  legge 10 dell’11 novembre 2000, n. 353,  toglie per cinque anni la possibilità a chiunque di effettuare interventi sulle aree distrutte dagli incendi, e per 15 vieta che le zone in questione possano cambiare destinazione d’uso.

Una legge pensata per evitare che incendi “pilotati” potessero portare ad una diversa destinazione d’uso delle aree boschive ma che nei fatti impedisce nell’immediato persino una azione di recupero preziosa come il  rimboscamento. Privata o pubblica che sia l’iniziativa.

La legge non permette quindi nessun intervento.

Persino la lodevole e interessante proposta di un imprenditore privato di adottare una parte della pineta distrutta, 10-20 ettari di terreno da adibire a bosco fruttifero, impiantando alberi da frutto tipici della Sicilia, come il gelso o il melo siciliano, non potrebbe avere seguito se il presidente Crocetta non concede  una deroga per potere intervenire sui terreni prima dei cinque anni previsti per legge».

Sarebbe quindi auspicabile che la politica, locale e regionale si impegnasse quindi per raggiungere questo piccolo fondamentale traguardo.

Sembrerebbe poca cosa ma in realtà è tantissima soprattutto se si pensa  che con una seria azione di rimboscamento  si scongiurerebbe  un  problema che già in autunno si presenterà  con tutta la drammaticità che è quello  del rischio  idrogeologico.
La distruzione della copertura vegetativa, infatti,  lascia i terreni più esposti ai fattori atmosferici  spiegano gli esperti.

Ciò, nei versanti molto ripidi, può causare un incanalamento più violento delle acque meteoriche che potrebbero arrivare a valle senza trovare particolari ostacoli, se non proprio le abitazioni che, purtroppo, in Sicilia spesso sono edificate a ridosso degli impluvi.

Il tutto senza dimenticare il rischio di frane. Nei terreni fratturati a causa della variazione di temperatura tra inverno ed estate, la mancanza di alberi può favorire l’erosione. 

Siamo nelle condizioni di poter fare prevenzione una volta tanto.

Proviamoci.

 

 

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