RETI CULTURALI E POLITICA CULTURALE

Entrare nell’ottica delle reti culturali significa mettere in atto la politica della comunicazione tra enti e tra istituzioni private,come potrebbero essere i festival,ad esempio, o chi fa cultura. Quello che potrebbe sembrare un lavoro utopistico, si concretizza in immagine, nella fattispecie per la Sicilia, in circuitazione per chi opera nella cultura, quindi un mezzo di far conoscere la cultura della Sicilia, nella fattispecie, collegandola ad altre realta’ europee. La realta’ contingente territoriale, la sua diversita’ sono i fattori, cui questo tipo di comunicazione mira, consapevoli del fatto che non e’ il mondo omologato il nostro punto finale o scopo, ma la diversita’ territoriale, che rappresenta la peculiarita’ dei territori.
In questo senso, le reti culturali sono un arriccimento, in quanto collegano, permettono lo scambio e la crescita, di conseguenza. Il
lavoro che stiamo facendo in Portogallo, seguendo da piu’ di 18 anni il Festival di Almada e le manifestazioni e’ proprio questo, quello di collegare le realta’ culturali e teatrali italiane con quelle portoghesi ed internazionali, facendole conoscere, e permettendo cosi’ uno scambio, che non si esaurisce,ovviamente, con gli spettacoli che si rappresentano, ma con dei mondi che vengono a contatto.
I contenuti dovrebbero viaggiare insieme alle forme, ma questo non succede, in quanto i gemellaggi tra citta’ si esauriscono quasi sempre in viaggi di ammiistratori da un luogo ad un altro e non ad un confronto tra i territori e le realta’ culturali dei Paesi o citta’. In questo senso la proposta rigeneratrice vede un confronto tra i contenuti e le forme, tra gli operatori e le istituzioni.
Il compito non e’ semplice, in quanto vuoi o non vuoi si ha sempre a che fare con le economie, ma se si pensa che il ritorno, in questa prospettiva, porta ricchezza, vuoi in termini di turismo, di conoscenza e di scambio necessario al territorio per farsi conoscere , anche questo fattore potrebbe diventare non di primaria importanza.
L’Europa richiede reti, i Progetti europei sono basati sulla rete e sulle reti.
Quindi auspichiamo che queste diventino basilari nelle politiche culturali cittadine e regionali.
Quando parliamo di assenza di politica culturale, finora messa in atto a Ragusa, e’ propeio questo, quello di pensare di organizzare le serate di spettacolo, secondo le esigenze degli operatori teatrali, ad esempio, ma di non preoccuprsi minimamente del fatto che c’e’ una realta’ amatoriale, una professionale, che difficilmente possono dialogare fra di loro, e non guardare in prospettiva quale  sia la necessita’ di una citta’ che deve crescere, e non cresce se non entra nella prospettiva dello scambio, in quanto anche i profssionisti necessitano confronto per dare il meglio di se’. Guai a volersi credere e pensare di essere i detentori  di un sublime chiuso in se’.
Se gli amministratori non capiscono questa esigenza si rischia di opprimere l cultura. e le manifestazioni si rivolgono su se stesse.
In Portogallo, ad esempio, il pubblico alle manifestazioni teatrali ruota attorno ai 1200 presenze per serata, cosa che ha fatto piangere Brandauer, prima dello spettacolo, in quanto emozionato di recitare di fronte a tanto pubblico, da noi non supera i 180, quaando va bene. E questo non e’ un fattore da sottovalutare. Forse, oltre all’educazione al teatro, si dovrebbero offrire soluzioni diverse, momenti di scambio. Qui e’  l’apertura.
Auspichiamo una politica culturale di livello, di scambio, di contenuti per Ragusa, per quella che vorremmo una Ragusa “diversa”.

   

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