È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
REPORT SUL DIABETE, I PARTE: IDENTIKIT, CLASSIFICAZIONE E DIAGNOSI.
16 Apr 2015 15:53
Il diabete, si sa, è una patologia molto nota e, purtroppo, in continua crescita. Secondo l’OMS, le persone affette da questa patologia sono sempre più numerose, senza contare tutti coloro che non sanno di esserne affetti. Se ne parla in tv, sui giornali, ai convegni, ma sembra che le informazioni al riguardo non siano mai abbastanza.
Prima di tutto, bisogna chiarire cosa si intende per “diabete” e distinguere tra le varie forme, altrimenti si rischia solo di fare confusione. Il diabete mellito è una “malattia cronica dovuta a una carenza di azione dell’insulina”, condizione che può essere determinata o da una carenza di produzione dell’ormone da parte del pancreas, oppure da un cattivo funzionamento dei meccanismi insulinici. In entrambi i casi, si tratta di una malattia inguaribile ma, oggi, sempre più curabile.
Come visto in precedenza, l’insulina è l’ormone responsabile dell’assunzione di glucosio da parte delle cellule, soprattutto a livello dei tessuti adiposo e muscolare: se manca o se non funziona bene, il glucosio ematico aumenta, fino al punto da non poter essere trattenuto dai reni, e si riversa quindi nelle urine insieme a grandi quantità di acqua (glucosuria).
La più recente classificazione proposta dall’ADA (American Diabetes Association) include diverse forme di diabete. Le due forme principali sono il Diabete Tipo 1 (in passato detto Insulino-Dipendente o di Tipo giovanile o chetosico), che necessita di insulina sin dall’esordio, e il Diabete Tipo 2 (in passato detto Non Insulino-Dipendente o di Tipo adulto o non chetosico) che non necessita di insulina, se non in casi particolari. Vi sono, inoltre, il diabete associato ad altre patologie e il diabete gestazionale, che compare durante la gravidanza e solitamente (ma non sempre) si risolve con essa.
Il DMT1 può insorgere a qualsiasi età, ma colpisce soprattutto i giovani al di sotto dei 20-30 anni, e richiede la terapia insulinica sin dall’esordio, perché le cellule beta del pancreas smettono di produrre insulina. Poiché l’insorgenza è improvvisa, a causa della carenza di insulina si determina un notevole accumulo di glucosio nel sangue che, non potendo più essere trattenuto dai reni, passa nelle urine, richiamando una gran quantità di liquidi. Si ha, quindi, un aumento del volume di urine, associato a disidratazione, sete intensa, debolezza, affaticamento, fame. Parallelamente, senza insulina l’organismo non è in grado di utilizzare il glucosio come fonte di energia, per cui la ricava dai grassi, causando un dimagramento e, in stadi avanzati, la produzione eccessiva di corpi chetonici (molecole acide derivanti dalla parziale trasformazione dei grassi a livello del fegato), che accumulandosi nel sangue possono causare dolori e crampi addominali, nausea, vomito, respiro frequente e profondo, stato confusionale, fino al coma.
Le cause della degenerazione delle cellule beta possono essere diverse: ereditarietà (si eredita la predisposizione), autoimmunità (le cellule beta non vengono riconosciute dal sistema immunitario, quindi si instaura una malattia autoimmune), virus o altri fattori. Questa forma di diabete, fortunatamente, non è molto frequente (1 caso ogni 1.000 abitanti).
Il DMT2, invece, è dovuto a un deficit, più o meno parziale, della secrezione di insulina, associato a una resistenza dei tessuti target all’azione dell’insulina stessa. Questa forma, di solito, all’esordio non necessita di terapia insulinica, e si manifesta senza o con pochi sintomi, infatti molte persone conducono una vita normale fino alla comparsa delle complicanze croniche.
Tutto ciò causa inevitabilmente un ritardo nella diagnosi, a volte anche di 10 o 20 anni, anche se in moltissimi casi sarebbe possibile sospettare la presenza di diabete a seguito di alcune condizioni concomitanti: suscettibilità genetica (circa il 30% dei familiari di primo grado di un paziente con diabete di tipo 2 presenta la malattia), apporto calorico, obesità e sedentarietà (fattori ambientali e modificabili). L’obesità, in particolare, è presente in circa l’80% dei pazienti e diventa la prima causa di insulino-resistenza: accade, infatti, che per mantenere i valori glicemici nei limiti di norma, il pancreas deve produrre più insulina, determinandosi così una condizione di iper-insulinismo (elevata insulina nel sangue). Si innesca quindi un circolo vizioso, in cui l’aumento progressivo del peso – e quindi dell’insulino-resistenza – determina una richiesta di produzione insulinica sempre maggiore, e al tempo stesso la mancata risposta dei tessuti all’insulina stessa determina iperglicemia e, quindi, l’instaurarsi del diabete.
Il diabete associato a altre patologie, invece, comprende forme molto rare, per esempio un difetto genetico della funzione delle beta-cellule determina una forma detta MODY. Il diabete si può associare, inoltre, a difetti genetici dell’azione insulinica, o può presentarsi in seguito a patologie croniche o endocrine (in primis, la sindrome di Cushing). Un’altra causa di diabete è l’uso cronico di specifici farmaci, soprattutto a base di cortisone.
La diagnosi dei tipi 1 e 2 di diabete si basa sulla rilevazione di iperglicemia, dosando la glicemia a digiuno e, in alcuni casi, effettuando un test orale di tolleranza al glucosio (OGTT, Oral Glucose Tolerance Test), e si pone in ognuno dei seguenti casi:
1) riscontro di almeno due valori di glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl;
2) riscontro di glicemia casuale ≥ 200 mg/dl in presenza di sintomi tipici del diabete: poliuria, polidipsia, dimagramento;
3) glicemia 2 ore dopo carico orale di glucosio (OGTT) ≥ 200 mg/dl.
Il test da carico orale di glucosio prevede l’assunzione a digiuno di 75 g di glucosio sciolti in 300 mL d’acqua, seguito dal monitoraggio della glicemia a intervalli regolari (0, 60’, 120’) per valutarne l’andamento. Si tratta di un test fondamentale per la diagnosi del diabete gestazionale, ma non è raccomandato dall’ADA per la diagnosi di diabete di tipo 1 e di tipo 2. Il WHO (World Health Organization) ne consiglia, invece, l’utilizzo quando la glicemia a digiuno si trovi tra 110 e 126 mg/dl.
Una volta effettuata la diagnosi, per distinguere il tipo di diabete si possono valutare i corpi chetonici e gli autoanticorpi. Secondo l’ADA (American Diabetes Association), in particolare, i corpi chetonici dovrebbero essere misurati sia nel sangue sia nelle urine, come aggiunta alla diagnosi preliminare. La ricerca nel sangue di autoanticorpi è invece raccomandata non tanto per la diagnosi, quanto per una più corretta classificazione, per l’identificazione del LADA (Latent Autoimmune Diabetes in Adults) e per stabilire la progressione verso l’insulino-dipendenza, soprattutto nel Diabete Mellito Gestazionale. I dosaggi anticorpali sono spesso utilizzati anche per lo screening dei familiari di soggetti diabetici di tipo 1, poiché gli anticorpi possono essere presenti mesi o anni prima della comparsa dei sintomi della malattia.
Esistono, inoltre, anche delle condizioni intermedie, indicative della predisposizione a sviluppare il diabete: si tratta dell’Alterata Glicemia a Digiuno (IFG o Impaired Fasting Glucose) e della Ridotta o Alterata Tolleranza Glucidica (IGT o Impaired Glucose Tolerance). Si parla di IFG in caso di riscontro di almeno due valori di glicemia a digiuno compresi fra 110 e 126 mg/dl; in questo caso è consigliabile eseguire un OGTT almeno una volta l’anno. Invece, con almeno due valori di glicemia compresi fra 140 e 200 mg/dl 2 ore dopo l’OGTT, si pone diagnosi di IGT.
L’alterata tolleranza al glucosio è caratterizzata da un’oggettiva anomalia del metabolismo glucidico e, pur trattandosi di uno stadio pre-diabetico, non dev’essere comunque sottovalutata.
Un soggetto con IGT, infatti, è esposto a un maggior rischio cardiovascolare, soprattutto per la cardiopatia ischemica. L’IGT, inoltre, si associa molto spesso alla sindrome metabolica, in cui coesistono una o più delle seguenti condizioni: insulino-resistenza, iperinsulinemia compensatoria, ipertrigliceridemia, ridotti livelli di HDL, ipertensione arteriosa. Il filo conduttore, anche in questo caso, è il sovrappeso, specialmente sotto forma di tessuto adiposo viscerale.
I glucometri per il controllo domiciliare delle glicemia, utili per controllare l’andamento delle glicemia nel corso del tempo, non possono però essere utilizzati per fare diagnosi, data la grande variabilità tra i risultati dei glucometri e quelli ottenuti in laboratorio.
Nel prossimo articolo saranno approfonditi gli aspetti nutrizionali per la prevenzione e il trattamento del diabete.
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