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RENDERE GIUSTIZIA: LEGALITÀ, RESPONSABILITÀ E PROFESSIONE
20 Mag 2012 21:49
Il 23 maggio del 1992 veniva ucciso a Palermo Giovanni Falcone e, solo dopo qualche mese, Paolo Borsellino, due insigni servitori dello Stato che hanno pagato con la vita ciò che sarebbe il minimo per tutti i cittadini: fare con semplicità il proprio dovere.
Per ricordare in maniera costruttiva il ventennale del tragico evento, il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Ragusa ha organizzato per sabato scorso 19 maggio un convegno sul tema di questo articolo, molto partecipato, ma che forse sarebbe stato interessante aprire al pubblico considerato l’alto livello dei relatori e la location (l’auditorium della scuola regionale dello sport) che avrebbe consentito una più ampia partecipazione.
Normalmente ci si riferisce alla legalità in contrapposizione alla illegalità rappresentata dalla delinquenza e dalla criminalità organizzata. Ma tutti i relatori hanno evidenziato la necessità della costruzione di una cultura della legalità che coinvolga tutti i cittadini a partire da quelli che hanno una maggiore responsabilità nella società. Una legalità caratterizzata dalla costruzione sociale di credenze, cioè fiducia condivisa nella legge e nelle istituzioni, e di pratiche quale rispetto costante delle leggi e dei sistemi per modificare quelle che non si ritengono giuste. Il professor Antonello Costabile, sociologo ordinario nell’università della Calabria, ha parlato, tra l’altro di una ricerca effettuata in alcune regioni sia del sud che del nord dalla quale è risultato un divario tra legalità declamata e legalità praticata: tutti si lamentano della diffusione dell’illegalità, attribuendone però la responsabilità ad altri. E ha sottolineato come in Italia la credenza nella legalità convive e confligge, purtroppo, con altri interessi quali quelli familiari, di gruppo, politici, religiosi; e ciò, anche se con motivazioni diverse, sia al sud che al nord.
Eppure la credenza nella condivisione delle norme non è soltanto doverosa, ma utile alla crescita pacifica dell’economia e della società, nell’interesse di tutti.
Particolare e innovativo il punto di vista della professoressa Daniela Piana, studiosa di analisi comparata dei sistemi giudiziari europei presso l’università di Bologna, che ha sostenuto la necessità che la responsabilità non sia vista dal punto di vista patologico di chi non rispetta le leggi ma come stile di vita di chi rende conto ogni momento di ciò che fa nella sua vita professionale o istituzionale. E, pertanto, nella giustizia non basta rendere conto del rispetto delle norme di legge, ma si deve avere rispetto dell’istituzione di cui si è parte, si deve garantire l’efficienza del proprio lavoro, si deve rendere conto del proprio comportamento professionale di fronte ai colleghi, si deve rendere conto all’opinione pubblica perché i cittadini esprimano gradimento del servizio complessivamente svolto (e non del singolo atto).
Il convegno è stato concluso dal procuratore della Repubblica di Ragusa, dott. Carmelo Petralia, e dal presidente dell’Ordine degli avvocati, avv. Giorgio Assenza, che si sono soffermati sui codici etici e deontologici delle rispettive professioni e hanno ricordato con parole toccanti e coinvolgenti le figure di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
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