Ragusano Dop: l’oro incompreso potrebbe diventare finalmente tesoro nel 2021

Dopo poche settimane, il suo colore tende al giallo. E’ l’oro di una terra rimasta contadina, nonostante tutto. Ma sembra che anche coloro che ne forgiano ogni giorno le forme non abbiano ben capito di avere un tesoro, in bilico fra le loro mani e il palato di chi lo gusta.

A distanza di 25 anni dal riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta, il formaggio Ragusano Dop resta un prodotto ormai conosciutissimo in Sicilia, ma semi clandestino nel resto d’Italia. Chi lo apprezza al di là dello Stretto di Messina, deve fare molti chilometri e sperare che una bottega dei sapori abbia ancora qualche pezzo di parallelepipedo. Nella grande distribuzione organizzata del Centro-Nord, infatti, il Ragusano quasi non esiste.

Il problema principale è noto da tempo. Riguarda la quantità di Ragusano Dop che esce ogni anno dai caseifici, transita nei locali di stagionatura e, infine, arriva nei punti vendita. Si tratta di circa 14mila forme, ognuna delle quali avente un peso compreso fra i 14 e i 16 chili. Totale: circa 200 tonnellate. Poche per soddisfare la domanda di tutta la Gdo. Soltanto una delle grandi catene nazionali richiederebbe almeno 8-9mila forme l’anno.

L’altro aspetto, non secondario, è conseguente: l’organizzazione della rete di vendita. Con questi quantitativi, i terminali di vendita rimangono sempre gli stessi. Il Consorzio di tutela fa una buona promozione, tuttavia manca una centrale di vendita, capace di riunire le venti società produttrici – cooperative comprese – in un solo corpo. Non manca la visione di lungo periodo, gli spiragli sono buoni soprattutto perché siamo di fronte a uno dei migliori formaggi a pasta filata d’Italia.

“Siamo impegnati – spiega Enzo Cavallo, direttore del Consorzio di tutela – a pianificare ed organizzare  la produzione per poter meglio commercializzare il prodotto. E non solo. Siamo riusciti a entrare nei bandi Agea che acquista formaggi da destinare alle persone in difficoltà. Per i produttori di Ragusano si tratta di una commessa che vale 800mila euro più Iva, distribuita fra i mesi prossimi di ottobre e febbraio. Programmare a lungo periodo ora è più facile rispetto al passato – continua Cavallo – perché è cresciuto il numero dei caseifici che producono la nostra Dop, con quantità e qualità omogenea e in linea con quanto previsto dal disciplinare. Non bisogna dimenticare però che il Ragusano è un prodotto stagionale, suscettibile a numerosi fattori, interni ed esterni al mercato.”

Nei mesi scorsi, in alcuni punti vendita sono spuntate le prime confezioni di Ragusano in porzioni.

Saltata la vecchia Ragusa Latte, la maggiore cooperativa venditrice del Ragusano Dop, che ha lasciato una notevole scia di problemi finanziari ai produttori di latte, oggi è subentrata sul mercato Natura e Qualità, facente capo a Progetto Natura e al colosso Grifolatte. Ha rilevato il marchio Ragusa Latte che è dunque ormai nuovamente presente sul mercato. Da sola, Natura e Qualità vende circa il 60% di Ragusano Dop.

I piccoli produttori, invece, arrancano. I mercati di nicchia possono andare bene a qualcuno, altri manifestano la volontà di lasciare perché all’ingrosso un chilo di Ragusano viene mediamente venduto al prezzo di 10-11 euro al chilo (16-18 euro al dettaglio). Allora emerge la scelta di evitare la minima stagionatura di tre mesi e vendere il formaggio fresco come caciocavallo, meno redditizio (6-7 euro/kg all’ingrosso), in cambio di una veloce entrata economica. Per fare un confronto: all’ingrosso, un chilo di buon Parmigiano Reggiano, forse il formaggio più imitato e falsificato del mondo, è venduto a 10-12 euro al chilo. Insomma, spesso il caciocavallo cannibalizza il parente nobile. In tutto, il fatturato generato dalla Dop più a sud d’Italia equivale a meno di 3 milioni di euro. 

Mancano poi le vocazioni. I giovani che si dedicano alla caseificazione del Ragusano sono sempre meno, al contrario del numero dei giovani allevatori. “In ottobre bandiremo un nuovo corso per caseificatori” annuncia Saro Petriglieri, ricercatore e responsabile del caseificio sperimentale  del Corfilac, ente di certificazione del Ragusano, del Piacentino e del Pecorino siciliano.

Petriglieri è convinto che il salto di quantità lo farà fare la presenza di un buyer. “Oggi chi compra Ragusano al dettaglio deve rivolgersi direttamente al produttore. Non c’è una centrale vendita. Ciò spaventa la catena di grande distribuzione che vorrebbe portare il Ragusano sui propri banconi di supermercati”. 

Catene di Gdo vendono già Ragusano Dop, in pratica soltanto nei punti vendita siciliani. “So di una grande catena di distribuzione interessata all’acquisto di grandi quantità di Ragusano da vendere negli States – continua Petriglieri – Si parla di 300 tonnellate l’anno, a partire dal 2021. Un contratto preventivo del genere metterebbe le ali al prodotto.”

“Questo è uno degli esempi che impone una concreta pianificazione ed una efficace organizzazione della produzione, ed è su questo che si sta lavorando” ribadisce Cavallo.
Antonio Casa

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