Questo è successo e non deve più succedere. Mai più! Riflessioni nella Giornata della Memoria con la visita degli studenti ragusani ad Auschwitz. FOTO GALLERY e la testimonianza di Martina Chessari

Perché quello che è successo, il genocidio della razza ebrea ma anche la persecuzione degli omosessuali e dei disabili, fu causa di una pazzia collettiva dettata dal nazismo e in Italia dal fascismo. Perché quello che è successo, non deve succedere mai più. Lo ripetono come un mantra i sopravvissuti a quell’orrore avvenuto ai confini dell’Umanità.

Per il Giorno della Memoria abbiamo chiesto un contributo alla giornalista Martina Chessari che negli anni scorsi ha seguito gli studenti dell’istituto Majorana di Ragusa che hanno raggiunto Auschwitz  con il “treno della memoria”, iniziativa nazionale. Gli studenti iblei, accompagnati da alcuni docenti, e insieme ad altri loro colleghi, hanno avuto modo di vedere da vicino quell’orrore. Ne sono rimasti commossi e quel viaggio li ha cambiati per sempre.

Ecco la riflessione della giornalista Martina Chessari
Il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, mi rinnova sempre sentimenti complessi e contrastanti; mi chiedo, seppur consapevole della sua importanza, se il semplice ricordare e commemorare la storia in questo preciso giorno sia sufficiente ad assicurarci che qualcosa di simile non si ripeti nuovamente.

Nel febbraio 2011 sono andata personalmente in quei luoghi di morte, vivendo un’esperienza unica insieme agli alunni e ad alcuni docenti dell’Itis E. Majorana di Ragusa. Da Bari a Cracovia abbiamo ripercorso quei binari dell’orrore in un treno della memoria carico di significato e anche di incredulità che avrebbe avuto il suo epilogo nella visione agghiacciante dei campi di Auschwitz e Birkenau.
Il toccare con mano una delle pagine più scandalose della storia contemporanea ci dimostrava che non eravamo folli, che non c’eravamo immaginati tutto. Difficile scrollarsi di dosso le espressioni immortalate in quelle foto messe all’ingresso come nel più terribile dei musei; gente come noi che sembrava chiederci: “che ho fatto”? “tu ci credi”? “Perché io e non tu”?

Essere ebrei, rom, omosessuali ed oppositori politici durante il regime nazista furono solo alcune “delle colpe” senza rimedio per cui si praticò una vera e propria pulizia etnica e di pensiero; non credo che visitando quei luoghi si rinnovi un dolore, penso piuttosto che si insinui un dubbio reale, una paura consapevole che teme che qualcosa di simile si possa ripetere sotto mutate spoglie.
Oggi il nemico immaginario è cambiato e viene dall’Africa nera; oggi come allora il nemico viene prima emarginato e poi annientato, stavolta però in maniera meno eclatante, perché in fondo morire annegati non provoca lo stesso sgomento di una “doccia”.

A distanza di anni da “Quel treno per la Polonia”, da cui io e i miei compagni di viaggio non siamo mai scesi, mi rendo conto che il mero ricordo di ciò che fu un genocidio immotivato non è sufficiente. A malincuore mi sento di vivere come se il pericolo fosse sempre dietro l’angolo e non scritto e sepolto nelle pagine della storia.
Forse è proprio da questo pensiero che dentro di me è subentrato nel tempo un rifiuto inconscio  verso la commemorazione della Shoah messa in scena a teatrino ogni anno dalle Istituzioni.

Belle parole che scaldano il cuore solo per pochi interminabili secondi ma che poi ti rigettano nel presente con la sensazione disarmante che invece quelle pagine terribili di storia continuano a ripetersi tutt’oggi, sotto gli occhi e il silenzio di tutti, proprio come allora.
Il male non è mai brutto come lo si immagina.
Martina Chessari

 

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it