QUANDO L’ESSERE ITALIANI… CONVIENE

Come la maggior parte degli italiani che non parlano inglese, appena giunta a Londra, è stato facile esordire con i servizi giornalistici nell’ambito della ristorazione.

Con mia incredibile sorpresa, sono innumerevoli e non calcolabili le compagnie che vendono cibo italiano.

Gli inglesi amano, e non poco, il cibo italiano.

Ho conosciuto una azienda che comprende più di centonovanta ristoranti in tutta l’inghilterra. Come un qualunque franchising, tutti i ristoranti propongono un identico menù e un similare gusto d’arredamento.  La cosa straordinaria è che, piuttosto, lo staff è più che altro composto da polacchi, kosovari e brasiliani. Non c’è un cuoco italiano in nessuno dei circa duecento ristoranti.

L’ideatore di quest’impresa del cibo congelato è un inglese di trentatré anni, Jonathan Lewis che facilmente si arricchisce vendendo una cultura non sua.

Prezzo è il pieno risultato della globalizzazione dei costumi. Il rimodellamento della cultura culinaria italiana per il commentabile gusto dei palati inglesi. Così che il “tradizionale pollo alla siciliana” diventa una fettina di pollo arrosto con su bacon e formaggio. Il famosissimo “Italian burgher” è un identico panino del Mc Donald. Per non parlare delle “Italian nachos”, nachos messicani conditi con pesto.

Gli inglesi non hanno alcuna cultura del cibo. Arrivano al ristorante e bevono cappuccino, per poi passare a vino durante la cena che generalmente prevede un rigoroso inizio con “garlic bread”, consistente in una pizzetta o pane condito con burro e aglio. Nessuno può farne a meno, neanche i bambini. Tutti, inevitabilmente, ordinano garlic bread anche come accompagnamento a piatti di pasta, pizza, risotti, lasagne  o quant’altro.  Per poi riordinare cappuccino o caffèlatte, mentre finiscono di sorseggiare gli ultimi sgoccioli di vino.

Straordinariamente, tutti tra clienti addetti e manager, sono attratti e affascinati dall’Italia, dalla cultura e dalla eccezionale bellezza di quella terra.  Mi fanno domande in continuazione, mi cantano le canzoni di Pavarotti , mi chiedono di tradurre o di pronunciare i nomi dei piatti. “Bruschetta!” non “Bruscetta”.

Eppure, continuo a meravigliarmi di quanto esiguo sia il personale italiano a Prezzo. Inesistente ai livelli manageriali. Poi, ad un certo punto, uno dei manager, un brasiliano di ventinove anni, sbotta dicendomi  “Ecco, voi italiani, siete tutti così, non fate che lamentarvi che voi non avete i nachos, che il ragù non si fa così, che non esiste l’Italian dressing ….”. Ecco svelato l’arcano mistero !.

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