Un incarico di alto profilo scientifico e istituzionale che porta la sanità della provincia di Ragusa al centro del panorama medico nazionale e internazionale. Gaetano Cabibbo, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina Interna dell’ospedale “Maggiore-Baglieri” di Modica, è stato nominato membro del Direttivo nazionale della FADOI, la Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti, e […]
Qualcuno ci sta dicendo che i nostri cannoli hanno troppi zuccheri
25 Gen 2025 08:48
Alla fine di uno dei ritrovi in ristorante tra colleghi diventati negli anni veri amici, tutti rigorosamente siciliani, c’era attesa per la carta dei dolci disponibili. Poi la consueta risposta al cameriere, sempre fornita senza alcuna esitazione da uno di noi, è stata accompagnata da una fragorosa risata: “Li porti tutti!”
Abituato al ben di Dio che abbia comunque un impasto con lo zucchero, per un siciliano il dolce è l’onorevole sigillo a ogni pasto che si rispetti. Quante diverse ricette contiamo? Duecento? Troppo poche! Trecento, almeno. Come minimo.
Cediamo volentieri a tutto, dal cannolo al biancomangiare, annuendo al celebre motto di Oscar Wilde: “Non vi è altro modo di liberarsi da una tentazione che di soccombere a essa!”
Di fronte a fiumi di crema, ricotta e cioccolato che scorrono abbondantemente in qualsiasi parte dell’Isola al posto di corsi d’acqua sempre più asciutti, si resta perplessi di fronte alle scelte di una delle guide più prestigiose del settore, appena pubblicata: la “Pasticcieri e pasticcerie d’Italia” del Gambero Rosso, giunta quest’anno alla tredicesima edizione, nella quale sono segnalate ben 650 insegne dalle Alpi in giù.
Mentre la Lombardia è presente con 89 locali, il Veneto con 70 e il
Piemonte sfoggia il primo posto con l’eccezionale Alessandro Dalmasso di Avigliana, paese di 12mila abitanti in provincia di Torino, la Sicilia si ferma a sole 8 segnalazioni. Stringi stringi, il riconoscimento più ambito, le “Tre Torte”, da noi ce l’ha soltanto il Caffè Sicilia di Noto del maestro Corrado Assenza. Poi niente. Nessuna vera eccellenza nel ragusano, nel catanese, nel palermitano, nel messinese, nell’agrigentino. Possibile?
Nel novembre scorso, il maestro dei maestri pasticcieri Iginio Massari fu in un certo senso profetico: “La cassata siciliana è troppo dolce”, sentenziò senza possibilità di appello. Seguirono le immancabili polemiche sul giudizio ritenuto da tanti persino offensivo. Toglieteci tutto, ma non la glassa.
E se il fuoriclasse bresciano avesse ragione? Se fosse, al netto della selezione delle altre materie prime utilizzate, una questione di dolcezza esagerata? Ancorati a gusti antichi che riaffiorano sulla scia di quanto invasori e viaggiatori ci hanno tramandato in millenni di storia e di passaggi via mare o in carrozza, non ci siamo accorti che i gusti sono cambiati. Sarà a causa della nutrizionistica, delle teorie sulla longevità, del timore di contrarre serie patologie come il diabete, del modello fisico che la società ci impone, che ormai contiamo le calorie cercando di togliere o evitare zuccheri là dove possiamo.
Sappiamo bene che le polveri bianche fanno male. Anche i formaggi, per esempio, oggi stagionano con una percentuale di sale minore rispetto a qualche decennio fa e il Ragusano Dop ne è un esempio, passando dal 6 al 5% e non oltre.
Il cervello ha certamente bisogno di zucchero, ma con i bignè, macallè e teste di turco che abbiamo mandato giù in grande quantità sin da piccoli, noi dovremmo essere tutti dei geni. E se non lo siamo, almeno facciamoci furbi, così da riportare le nostre pasticcerie sul podio nazionale che meritano.
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