PUBBLICAZIONE ARTICOLO SULLE VIOLENZE SUBITE DALLE DONNE RUMENE NELLE CAMPAGNE IBLEE

Interviene il presidente del Consiglio Comunale di Ragusa, Giovanni Iacono, in merito ad un articolo apparso nei giorni scorsi  su un settimanale di tiratura nazionale intitolato: Violentate nel silenzio dei campi a Ragusa. Il nuovo orrore delle schiave rumene. Cinquemila donne lavorano nelle serre della provincia siciliana. Vivono segregate in campagna. Spesso con i figli piccoli. Nel totale isolamento subiscono ogni genere di violenza sessuale. Una realtà fatta di aborti, festini  e ipocrisia. Dove tutti sanno e nessuno parla.

“L’articolo – dichiara Giovanni Iacono –   ha fatto emergere un gravissimo fenomeno che non era noto a tutti.  Si auspica che  Magistratura e Forze dell’Ordine assicurino in tempi rapidi alla giustizia gli autori di tali delitti alla persona ed invito tutti i Comuni della Provincia di Ragusa, la Camera di Commercio e tutte le organizzazioni agricole a costituirsi parte civile contro gli autori di tale orrore verso i quali la severità della Legge deve essere massima, senza attenuanti e senza sconti.  

Ritengo indispensabile fare una conferenza congiunta dei Sindaci e della Consulta dei Presidenti di Consiglio Comunale – sottolinea  Iacono – per valutare quali iniziative intraprendere nei confronti dei delinquenti che sfruttano le persone e  anche quali  azioni di comunicazione siano utili per rivalutare il gravissimo danno di immagine subito dall’intero comparto. Infatti l’articolo, ma anche le discussioni che ne sono seguite, danno una immagine totalmente distorta della produzione orticola in serra con prevedibili ricadute negative  per la stragrande maggioranza di produttori che opera e lavora con grande sacrifici e con onestà.   Non posso pensare, e non penso, che sia vera la conclusione dell’articolo che non fa distinzioni e dice testualmente: Così si produce l’ortofrutta che troviamo in tutti i supermercati.

La storia economica della provincia di Ragusa è ben altra cosa e dobbiamo gridarlo al mondo!”.

 

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