È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
PROGETTO PER SCICLI
11 Apr 2015 14:31
Dovremo giungere a Roma partendo dalla periferia, è un dato ideologico oltre che geografico. La restrizione del campo dei problemi è una necessità che oggi si impone nell’analisi politica. Una discussione di elevata qualità, nel senso più progressista, sarà possibile solo cominciando a rivolgere l’attenzione preliminare alla risoluzione delle criticità nel nostro contingente territorio. È un esercizio sin troppo semplice quello finalizzato a identificare le anomalie ravvisabili nell’area sciclitana, poiché infine basterebbe per esclusione rilevare le ben poche cose che “funzionano”. Progettare una via di sviluppo per Scicli è dunque molto più semplice di quanto si creda, essendo fermo lo stato delle cose – perlomeno idealmente e anacronisticamente – agli anni ’80. Qualunque apporto positivo sarebbe già un successo straordinario. Tuttavia, l’apporto positivo, non potrà che giungere da qualunque cosa si manifesti per differente, sin dall’inizio, da tutto ciò che già è stato o c’è ancora. Non si fraintenda, il dialogo è sempre dentro il Partito Democratico, con orgoglio al suo interno, perché unica casa riconoscibile oggi per il Pensiero di Sinistra, a cui spesso i suoi stessi apparenti sostenitori (sedicenti sinistrorsi), negli ultimi decenni, hanno senz’altro reso un pessimo servizio.
Alla ruralità, alla tradizione agricola, va ispirato qualunque piano di sviluppo. Nulla prescinde dal frutto, dall’ortaggio e dalle attività connesse, neanche le patetiche patatine di Mr. McDonald. Ci faremo forza degli scampoli di campagna ancora non assaliti dalla furia cementificatrice di affamati lupi-speculatori dell’edilizia sfrenata, risalente anch’essa a quei fatidici anni ’80 già menzionati. Oggi c’è un solo sistema, auspicabile per una sana crescita conviviale, mutuabile da modello funzionante e già da tempo verificabile, quello dei percorsi rurali, pedonali e ciclabili (si pensi alla via francigena che da Roma conduce alle Alpi, oggi scenario di ingenti investimenti, non solo per mezzo di fondi europei. Si pensi a tutte le imprese agricole collegate – più di mille – e agli operatori del turismo che vi si appoggiano in maniera sostenibile). Da questo pensiamo che Scicli possa ripartire, con slancio ecologico, modernista ed eticamente ineccepibile. Occorre ampliare tutti i percorsi che dalla fascia costiera si dipanano e si inerpicano verso gli Iblei, cercando di promuovere un’agricoltura tecnologicamente avanzata ma riadattante le tradizioni locali legate al frutteto, alla viticultura e alla coltivazione non esclusivamente serricola.
Sul versante turistico si auspica, con coerenza ideologica, una riappropriazione del pubblico sui beni pubblici. Le copiose eccedenze impiegatizie consentono oggi di programmare un controllo di apertura e chiusura dei siti culturali che escluda la compartecipazione dell’iniziativa privata, cui basterà l’offerta dei servizi inerenti. La struttura è pubblica, i servizi possono essere offerti dai privati, questo è il principio inderogabile di contenimento della spesa e di limitazione dei dissidi dovuti all’incontrollata competizione imprenditoriale. Lo stesso ragionamento va fatto per le spiagge, i parchi – si crede che il futuro Parco di San Matteo possa essere agevolmente affidato alle cure delle Guardie Forestali, similarmente alle bellissime e ben tenute riserve naturali già presenti nel territorio, o comunque inquadrato nel contesto dei Lavori socialmente utili (LSU) e di pubblica utilità (LPU), – presso cui le concessioni ai privati devono essere eventualmente ristrette al mero surplus di servizio minimo. Sempre nel pieno rispetto del libero mercato, diamo a Cesare quel che è di Cesare, perché bene pubblico è bene comune (di tutti!), e sopravvive solo quando sono placate le pulsioni alla incontrollata competitività.
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