PROGETTO “INEXCESS-INXS”

“L’inserimento lavorativo di persone in situazione di dipendenza patologica” è il titolo del seminario che si è svolto nella sala Conferenze del Centro Direzionale “Sacerdote Rollo” della Zona Artigianale di Ragusa. Un’occasione per avere uno spaccato significativo delle esigenze di alcune aziende ragusane e dei problemi relativi all’inserimento lavorativo dei pazienti in carico al Sert. 

I dati non appaiono incoraggianti. “Abbiamo somministrato il nostro questionario – spiega la dottoressa Gisella Guastella, curatrice della ricerca – a 76 aziende del settore agricolo e zootecnico della provincia di Ragusa. la massima parte di loro dichiara di avere bisogno di manodopera, braccianti agricoli ed operai. Ma solo 35 su 76 appaiono disponibili a sperimentare un percorso di inserimento lavorativo per persone che soffrono di una dipendenza patologica. Tutte, inoltre, denotano una scarsa conoscenza del problema. Dal questionario traspare che il fenomeno dell’alcolismo è più tollerato della tossicodipendenza. Tra tutte le aziende, inoltre, solo una è stata in condizione di poter riportare una esperienza positiva di inserimento lavorativo”. 

La ricerca, inoltre, riporta uno spaccato economico tragico, con aziende in difficoltà economiche gravi e poco disposte ad accogliere personale che si trova in difficoltà.   

“Oggi – spiega Aurelio Guccione, direttore del progetto – presentiamo i risultati della prima Azione relativa all’azione di ricerca. Il progetto ha raccolto le domande di adesione di 100 pazienti dei Serti di Ragusa ed Enna per la fase di orientamento utile per capire le attitudini di queste persone. La ricerca è utile, invece, per capire le esigenze delle aziende. Il nostro obiettivo, al di là dei dati,  è quello di  mettere su un metodo, un impianto che ci permetta di progettare le nostre azioni di inserimento lavorativo. Oggi la crisi c’è per tutti, dunque, anche per i soggetti svantaggiati”.

La relazione del dottor Giuseppe Mustile, direttore del Sert di Ragusa è chiara: “La tossico dipendenza e, più in generale, tutte le dipendenze patologiche, rappresentano una malattia del cervello che ne compromette il funzionamento di alcune funzioni importanti. Per produrre un’azione di aiuto reale nei confronti di questi pazienti, occorre immedesimarsi nel loro pesante problema. Ricordare che essi avanzano delle pretese, anche se sappiamo già che il 70% dei soldi che verranno dati loro come compenso saranno destinati all’acquisto di sostanze. Ma è sul restante 30% che dobbiamo impegnarci. Il nostro sforzo in più deve essere di rendere questo progetto qualche cosa di meno sporadico e di più strutturale”.

Ad Achille Tagliaferri, supervisore del rapporto di Ricerca del progetto, il compito di commentare la ricerca. “Viviamo una realtà faticosa – spiega lo psicologo – ma dobbiamo tenere presente che è la cittadinanza di tutti l’orizzonte verso il quale tendere. La ricerca, in quanto tale, è una sfida difficile perché tenta di rivelarci se la nostra comunità è disposta a riassorbire il disagio che ha contribuito a creare. La risposta appare negativa e ciò è frutto di una cultura comprensibile, ma anoressica. Riscontro in questa sede un’ottima preparazione da parte degli operatori sociali, ma quel che occorre è qualcosa di più: un patto educativo di comunità dove tutti gli attori costruiscano una reta fitta che impedisca di cadere alle persone più a rischio. Le competenze ci sono, occorre solo ritrovare il coraggio dell’anima ed una rinnovata passione per il sociale”.

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