Presunti scafisti scoperti grazie ai cellulari: dalla Libia a Pozzallo finiscono in manette

Ancora una traversata drammatica, ancora uno sbarco sulle coste iblee. Lo scorso 23 maggio, intorno alle ore 18, una motovedetta della Guardia Costiera è approdata al porto di Pozzallo con a bordo 31 migranti, tutti uomini e originari del Bangladesh, tra cui due minori.
Il gruppo era stato messo in salvo all’alba dalla nave porta container Ctm Istmo, battente bandiera panamense, che li aveva intercettati a circa 180 miglia dalle coste siciliane. La motovedetta Cp325 ha quindi effettuato un rendez-vous a circa 40 miglia da Portopalo di Capo Passero, trasbordando i migranti e conducendoli nel porto ragusano.


Stremati dalla lunga navigazione, senza cibo né acqua da giorni, i naufraghi sono stati rifocillati a bordo della nave mercantile. Al loro arrivo a Pozzallo sono stati immediatamente sottoposti a controlli sanitari da parte del team Usmaf, guidato dal medico del porto Vincenzo Morello, e dell’Asp di Ragusa, con il dott. Angelo Gugliotta. Nessuno ha avuto bisogno di ricovero ospedaliero: le condizioni generali sono state giudicate buone. Dopo le visite, i migranti sono stati trasferiti all’hotspot per le procedure di identificazione e accoglienza.


Ma il lavoro non si è fermato all’assistenza umanitaria


Sul molo, insieme all’Ufficio Immigrazione e alla Polizia Scientifica, si è subito attivata la Squadra Mobile della Questura di Ragusa per avviare le indagini mirate all’individuazione degli scafisti. Le testimonianze dei migranti e l’analisi dei telefoni cellulari in loro possesso si sono rivelate decisive per ricostruire l’intera rotta, dalla partenza dalla Libia fino al momento del salvataggio in mare.
Le indagini hanno permesso di identificare tre connazionali, anch’essi a bordo del gommone, come presunti responsabili della conduzione dell’imbarcazione. Le prove raccolte – considerate univoche e determinanti – unite al concreto rischio di fuga, hanno portato al fermo di polizia giudiziaria per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I tre sono stati associati presso la Casa Circondariale di Ragusa, su disposizione della Procura della Repubblica.

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