Legambiente Ragusa plaude all’inchiesta della Procura di Ragusa e della GDF, che comincia a dare conferme ed una serie di segnalazioni, dubbi e problemi evidenziati più volte dal mondo ambientalista ibleo.
Ma la scandalosa vicenda del megaporto turistico di Marina di Ragusa, un’opera utile solo a chi l’ha fatta ed ai vari satrapetti di provincia che l’hanno promossa e che ci hanno costruito sopra fortune politiche, col consenso della maggioranza della popolazione abbagliata dalle lucine viola e dalla speranza di vedere qualche vip, non può che invitare ad una serie di profonde riflessioni.
Una prima riguarda il modello dominante di (pseudo)sviluppo turistico del nostro territorio: le tristi vicende di Baia Samuele, Marsa Siclà e Marispica seguite da questa del porto di Marina dimostrano il fallimento su tutta la linea di una visione cementizia e speculativa del turismo, che distrugge le emergenze naturali e culturali su cui il turismo stesso si basa. E’ ormai evidente che il turismo è la foglia di fico sotto cui si nasconde la continuazione della devastazione del territorio che, avendo praticamente interessato ormai quasi tutta la nostra costa, cerca di occupare qualsiasi buco occupabile fino a reclamare in mare il proprio territorio di espansione.
Una seconda riguarda il livello delle classi dirigenti iblee, che si sono mostrate prone a qualunque iniziativa speculativa, diventandone di fatto complici, fino a livelli evidenti di corruzione. L’inchiesta in corso comincia a chiarire il motivo per cui, ad una serie di circostanziate osservazioni e critiche svolte fino dalla seconda metà degli anni 2000, da Italia Nostra prima e da Italia Nostra e Legambiente poi, la passata Amministrazione comunale di Ragusa ed il RUP non hanno risposto o hanno dato risposte evasive o insoddisfacenti; si capisce perchè non è stata mai accettata la richiesta di un dibattito pubblico davanti alla cittadinanza sulla vicenda del porto e sulle denunce degli ambientalisti. Una vicenda che ormai era un pozzo senza fondo, una vacca da mungere continuamente, visto il previsto arrivo di altri quasi 15 milioni (!) di euro per la ‘messa in sicurezza’: uno spreco di denaro mascherato come opportunità!
Infine non si può che auspicare ancora una volta uno scatto culturale nella popolazione ragusana, che non si faccia più abbagliare da specchietti per le allodole quali le lucine del porto o i proclami pubblicitari quali quelli di una Grande Ragusa, dove di grande c’è solo un marcio forse ancora maggiore di quello che noi stessi ci immaginiamo.
Speriamo che questa vicenda sia definitivamente d’insegnamento a quella massa di persone che, quando sollevavamo e solleviamo dubbi su grandi opere quali il porto, ci accusava e ci accusa di essere contro lo sviluppo. Speriamo che abbiano definitivamente capito che noi siamo contro il malaffare e per l’ambiente; se l’avessero capito prima forse non ci troveremmo in queste condizioni. Errare è umano ma perseverare è diabolico.
|