PIETRO FLORIDIA

Il passato copre i ricordi. Kronos – il Tempo – divora i suoi figli. Diventa proprio per questo un obbligodi ognuno di noi,quello di riscoprire le proprie origini, conoscere i grandi del passato, capire il perché della grandezzadi quanti hanno dato lustro a una città. La nostra provincia, terra all’estrema periferia sud dell’Europa, ha da sempre custodito una sua cultura, da sempre ha avuto una sua predilezione per letteratura, poesia, musica, pittura, arte.

Ne è prova il fatto che in questi ultimi tempi, questa terra iblea è passata agli onori della cronaca per artisti, giovani e meno giovani, di eccezionale valore, che hanno operato su una piattaforma culturale preparata da altri nel passato. Fra i pittorihanno un posto d’onoreil modicano don Orazio Spadaro, i fratelli Beppe, Enzo e Valente Assenza, per citarne solo alcuni.Fra scrittori e poeti siricordanoRaffaele Poidomani, Carmelo Assenza,Nino Barone, Franco AntonioBelgiorno.Per la musica,in tempi più vicini a noi, la palma vaa Lydia Jemmolo Giardina, una donna, pianista e concertista,che educò schiere di musicisti di tutta la provincia. Restando a Modica, l’attenzione va rivolta a due grossi, e non molto conosciuti compositori del passato. A Federico Borrometi (1851-1940) modicano, per anni direttore della Banda Comunale di Scicli, e soprattutto a Pietro Floridia (1860-1932), musicista che a cavallo fraOttocento e Novecentoha operato in Italia e negli Stati Uniti d’America.

     Sino a poco tempo fa, di Pietro Floridiapochissimi sapevano della sua esistenza, e quasi nessuno aveva notizie della sua attività musicale come concertista e compositore, né si sapeva che le sue opere liriche erano state rappresentate al “Teatro alla Scala” di Milano e in tanti altri teatri d’Italia, né si aveva notiziadelle sue amicizie con Brahms e Wagner. Tutto questo fino a quando un gruppo di studiosi modicani non si è incuriosito e attivato per saperne di più.

Da qualche mese, però, pubblicato dall’editore Armando Siciliano, è in libreria “Pietro Floridia, Il sogno infranto di un musicista errante”, libro dello scrittore Michele Giardina, il quale, utilizzando unaintensa raccolta epistolare del musicista, del padre Francesco, di amici e familiari del Nostro,ricostruisce una documentata biografia di questo interessante musicista modicano. Si svela, così, il percorso travagliato della sua vita, successi e sconfitte, ma soprattutto viene chiarito perché su di lui sia calata la coltre del silenzio.

     Nel suo lavoro,Michele Giardina riporta fedelmente il contenuto delle lettere che il Barone Francesco Floridia, padre del musicista, da Napoli scriveva alla moglie Anna, per tenere informata lei e i familiari di quanto accadeva nel “Circo Nazionale”, uno dei tanti teatri napoletani, dove Pietro, il figlio ventunenne, lavorava per mettere in scena la “Carlotta Clepier”, il suo primo melodramma.

Da quello che il Barone Floridia definiva “giornaletto cotidiano”, viene fuori una dettagliata descrizione su quella che è la dinamica della équipe di persone che lavorano per la “mise en scéne” di un’opera lirica. “Sessanta professori d’orchestra, altrettanticoristi, oltre quaranta comparse. Per non parlare di quello che accadeva sul palcoscenico durante i preparativi: “Una vera torre di Babele. Artigiani che non finiscono mai, operai ammassati là, ingegneri, appaltatori di scena, appaltatori del palco scenico, direttori di ballo, di quadri coreografici, ballerine dappertutto che provano e tornano a riprovare le 20, le 30 volte la stessa cosa. E poi ancora voci, grida, strimpellare di violini che sono uno strazio. Tutto è là. Sulla scena”. Epoi i compromessi fra tutti coloro che spingono per avere il massimo vantaggio: “Il librettista che difende il suo lavoro, la prima attriceattenta a che la sua parte rifulga, il direttore ché la sua orchestra faccia bella figura, gli artisti che vogliono spiccare, l’impresa che ne abbia il suo più lauto tornaconto, e ancora, i giornali che pretendono abbonamenti annuali per dire bene dell’opera, i critici che pretendono qualcosa, mentre il povero Pietro, il povero Cristo in mezzo a tanti giudici, deve fare del tutto per non dispiacere nessuno”.  Tutto questo, la famiglia Floridia sopportava per lanciare il proprio ragazzo musicista alle prime armi, “Perché – continua il padre scrivendo alla moglie -ogni carriera ha i suoi triboli”. Ma, i triboli per il nostro musicista modicano continuarono per tutta la sua vita accompagnato da guerra di interessi che lo costrinsero a combattere con Giulio Ricordi, della famosa Casa Editrice milanese, che in quel tempo monopolizzava il mondo della musica, e attacchi crudeli dovette subire dalla gelosia dei colleghi, che lo avrebbero voluto morto, al punto che nel 1904 Pietro Floridia scelte di trasferirsi negli Stati Uniti d’America. Anche lì, malgrado il successo e il riconoscimento al merito, non tutto andò liscio.Invidie e gelosie sono in letargo nel DNA umano e bisogna convivere con questi.

  Il libro di Michele Giardina, scritto con una chiarezza assoluta, non parla solo di intrighi. Chi legge la storia di questo emerito musicista modicano scoprirà perché un uomo può, molte volte, non essere capace di far riconoscere i suoi meriti, la sua grandezza. Adesso si spera che dopo la pubblicazione di questo libro, di interesse storico, ma soprattutto sociologico e psicologico, si possa avere il tempo per onorare la memoria di questo certamente grande musicista modicano.

 

Gino Carbonaro

 

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