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Pescatori bloccati in Libia, le famiglie in piazza a Mazara del Vallo: “Liberateli”
08 Ott 2020 16:48
“Abbiamo fatto silenzio quando era necessario, ma adesso non ne possiamo piu’, ci appelliamo al governo ma anche ad Haftar: ridateci i nostri uomini”. Lo dicono i familiari dei 18 pescatori bloccati in Libia dall’1 settembre, nel corso di una manifestazione nella piazza centrale di Mazara del Vallo.
Da alcuni giorni gli armatori dei due motopesca “Antartide” e “Medinea” sono tornati a Roma, assieme a un gruppo di familiari, nel tentativo di incontrare nuovamente i rappresentanti del governo. Alla manifestazione organizzata da Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Pesca ha partecipato anche il sindaco Salvatore Quinci, che ha assicurato i familiari di aver ricevuto “continue rassicurazioni sulle loro condizioni di salute, da voci autorevoli, voci che ci rassicurano, ma noi con questa pressione vogliamo dire inanzitutto ai nostri pescatori tuttora bloccati in Libia che non sono soli”.
In questi giorni la Diocesi di Mazara del Vallo ha stanziato un contributo per il pagamento delle spese vive e “anche il Comune in accordo con le famiglie, fara’ la sua parte”, aggiunge il primo cittadino. Le autorita’ libiche hanno comunicato alla Farnesina che i 18 pescatori (otto italiani, sei tunisini, due pakistani e due senegalesi) saranno processati dalla procura militare libica il prossimo 20 ottobre. “Non voglio assolutamente credere a una loro condanna, ci appelliamo ancora una volta al governo, i vogliono dei fatti concreti, ancora non sappiamo nulla di certo, ci dicono che stanno trattando, ma qua ci sono anche persone che hanno delle patologie”, dice la signora Anna Giacalone, madre di uno dei marittimi dell'”Antartide”.
Tra i pescatori oltre agli equipaggi dei due motopesca, gli uomini di Haftar hanno prelevato anche il comandante del peschereccio “Anna Madre” di Mazara del Vallo e il primo ufficiale del “Natalino”‘ di Pozzallo, che la sera dell’accerchiamento erano riusciti ad invertire la rotta. “Noi ci sentiamo italiani e soffriamo come tutte le altre persone – dice la madre di uno di loro – conosciamo la Libia e abbiamo tanta paura, speriamo di riuscire ad avere delle soluzioni prima del processo”.
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