È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
PAPIRI E TRAVESTIMENTI
25 Ott 2013 04:56
Come sia nata e, soprattutto, a chi venne la brillante idea di celebrare i laureati con un papiro che ne rivive, tutto rigorosamente in rima, ogni singolo passaggio della vita, senza tralasciare i più scabrosi, raccapriccianti e, se vogliamo, intimi e personalissimi fatti, resta un mistero. Fatto sta che la tradizione pare rintracciabile già nell’ ottocento.
Ma a Padova, e nel Veneto in generale, le sorti di un laureato, che fosse un nobil uomo ottocentesco o il figlio di un operaio del duemila, non possono sottrarsi all’umiliazione, intesa in senso benevolo, del malcapitato.
Il folclore, infatti, vuole, che il neo dottore venga travestito nei modi più assurdi, magari relativi aspetti del suo carattere o metafore che riecheggiano una sua passione, insomma qualsivoglia si leghi alla persona.
Dopo aver fatto spogliare e travestito il soggetto in mezzo alla popolatissima piazza della città e davanti a sconosciuti passanti e al folto stuolo di turisti, lo si costringe a tracannare intere bottiglie di vino, che gli o le vengono addirittura scocciate alla mano, così da non potersene redimere.
Ma non è tutto. Dulcis in fundo, viene preparato, con meticolosa dovizia da poeti, il così detto “papiro”: un manifesto delle più varie grandezze con tanto di caricatura e che riporta in rima la vita del dottore o della dottoressa. Più soddisfacente è il papiro quanti più particolari sessuali riesce a riportare. E il tutto viene letto, sempre con bottiglia alla mano, davanti genitori, parenti, amici e colleghi appositamente riuniti per la celebrazione della laurea.
La ciliegina sulla torta è il canto della consueta canzoncina, ormai diffusasi in tutta Italia, ma originaria del Veneto “Dottore, Dottore, dottore nel buso del cul, vaffancul, vaffancul!”.
Il poveretto, o la poveretta, intenti a bere, leggere e bearsi delle note che vogliono mandarlo a quel paese, viene inoltre ricoperto, fin dentro i mutandoni, da una melma di uova crude, farina, salsa di pomodoro e qualsivoglia leccornia che si presta a creare una patina dalla puzza incredibile e difficilissima da spiccicarsi di dosso.
A quanto pare si tratta di un rito ormai in voga da tempi remoti, dall’ottocento come dicevamo, e a testimonianza sono appositamente previste delle docce dentro l’università, seppur non sono più usate.
Il papiro viene lasciato in bella mostra appeso nella piazza centrale della città, a Padova la piazza del Bo, giusto per permettere anche a chi non ha avuto l’onore di partecipare alla celebrazione post discussione, di beffeggiare il laureato.
I turisti e chiunque non vi fosse abituato non può non fermarsi, farsi una risata, stupirsi, e scattare un’innumerevole stuolo di fotografie. Anche perchè, il racconto non rende quanto realmente succede.
La tradizione veneta, e patavina nello specifico, si sta diffondendo, e sempre più spesso anche in altre regioni i laureati sono sottoposti a medesimo trattamento. Chissà che non arrivi anche nella remota Sicilia. Attenti a voi …
© Riproduzione riservata