OTTOCENTO GIOCATORI PATOLOGICI IN PROVINCIA DI RAGUSA

Circa novemila persone in provincia di Ragusa sono coinvolte nel fenomeno del cosiddetto gioco problematico. Di queste 800 risultano essere patologiche. Per un giro d’affari che solo nell’area iblea si aggira intorno ai 360 milioni di euro l’anno. Se non è una epidemia, poco ci manca. Sono cifre da vero e proprio allarme sociale quelle comunicate ieri sera dal direttore provinciale della struttura complessa Dipendenze patologiche dell’Asp 7, Giuseppe Mustile, nel corso della conferenza tenuta nel saloncino parrocchiale del Preziosissimo Sangue a Ragusa. E Mustile ha aggiunto un’altra valutazione choc: “Il danno fatto dall’eroina negli anni Settanta e Ottanta è niente rispetto ai disastri che nelle famiglie compie il giocatore patologico”. Promossa dall’ufficio diocesano per la Pastorale della salute, l’iniziativa è stata aperta da don Giorgio Occhipinti che, oltre a ringraziare padre Roberto D’Asta, parroco del Preziosissimo Sangue, per la disponibilità fornita, ha chiarito la ragione dell’incontro rivolto a tutti. “Stiamo cercando di ampliare quanto più possibile – ha detto don Occhipinti – il raggio della nostra comunicazione. Perché si tratta di un fenomeno che con difficoltà si riesce a fare venire allo scoperto. I giocatori patologici hanno bisogno di essere curati”.

I numeri, invece, sono sconfortanti. Appena 56 le famiglie in trattamento nelle strutture sanitarie pubbliche. E questo per Mustile significa soltanto una cosa. “Le famiglie si vergognano – ha spiegato – in alcuni casi non sanno a chi rivolgersi. Poi c’è il falso mito che è facile guarire dal gioco patologico. Ognuno pensa di poterlo risolvere da sé. Ma per curare un giocatore patologico ci vogliono dai sei ai sette anni. E sono frequenti le ricadute”. Negli ultimi anni il quantitativo di gioco legale è stato talmente elevato da farlo diventare la prima azienda nazionale con un fatturato annuo di 92 miliardi di euro. “Ci sono tutta una serie di incentivi – ha proseguito Mustile – che si stanno in qualche modo spalmando trasversalmente su tutta la Penisola. Questa situazione grava in media su ogni cittadino per 1.650 euro. E la media si riferisce a tutte le età, dai 0 ai 100 anni. I soldi utilizzati per il gioco sono sottratti soprattutto alle famiglie meno abbienti che contribuiscono per una percentuale molto elevata a questa situazione. Il motivo? Si giocano la speranza di potere vedere cambiato il loro destino economico. Sono altresì sedotti da una pubblicità ingannevole che non dice che di gioco ci si può anche ammalare. Il gioco, poi, viene praticato in uno spaventoso deserto affettivo. Altro che motivo di socializzazione. Gli effetti ancora più devastanti di questa epidemia li vedremo tra qualche anno. Ancora oggi, però, c’è difficoltà, da parte delle strutture pubbliche, nel riconoscere in tempo le stimmate di questa potente malattia”. 

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