ORDINANZA SINDACALE DI FINE ANNO SI ABBATTE SULLA VALLE DELL’IPPARI

Un fiume che diventa nemico di se stesso e degli uomini che lavorano nella valle. Questo accade oggi, a inizio 2011, nella Valle dell’Ippari, un tempo miniera dell’orticultura vittoriese e vanto per la Città. Da trent’anni nella gestione della Provincia, la Riserva è diventata la fascia dei rifiuti abbandonati, della quarantena della Città di Vittoria, dei contadini abbarbicati alla loro terra, che sono stati sottoposti a inesauribili corvè e vessazioni.

Così quello che era il paradiso di tanti ragazzi, il ristoro alle popolazioni indigenti, la ricchezza per centinaia di aziende produttive, ora è si è trasformato in un luogo in abbandono, fatto di degrado, di fastidio per tutti. A fine anno, nella calza di Babbo Natale, i Vittoriesi hanno trovato una ordinanza sindacale: riguarda un ponticello sull’ Ippari di notevole importanza. Già c’era la questione aperta di un altro ponte, quello della foce, che collega Scoglitti e Kamarina, che vogliono pure abbattere a ogni costo.

Ma questo ponticciolo di cui parliamo  si trova nel punto di incontro della contrada di San Lorenzo con quello della Buffa. E’ un ponte attraversato quotidianamente da decine di produttori con i loro mezzi. Questo ponte, prima di legno, poi di ferro, esiste da oltre un secolo. Ora, alla fine del 2011, è arrivata l’ordinanza di demolizione di Nicosia, che non sa nemmeno dove si trovino i due ponti citati. Del resto dove sta questo sindaco? Possibile che arrivi a questo livello di distruzione? E l’assessore Cavallo, che fa? Fa abbattere il ponticello sui cui passa ragazzo per andare in campagna?

Dove Nicosia stia ce lo dice la ordinanza che intima la distruzione immediata  del ponticello. E i contadini sono lì, a difendere il loro diritto al lavoro. E infatti per transitare cosa potranno fare i contadini della valle? Voleranno come gli uccelli, come le parole al vento di una amministrazione che è estranea alla propria gente? Esprimiamo la nostra solidarietà e la volontà di impedire un atto così unilaterale e distruttivo. (s.v.)

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