Omicidio Maria Zarba: confermato l’ergastolo per il marito, Giuseppe Panascia

La Prima sezione della Corte d’Assise d’appello di Catania ha confermato la condanna all’ergastolo per Giuseppe Panascia, 76 anni, ritenuto colpevole dell’omicidio della ex moglie Maria Zarba. Panascia dovra’ pagare anche le spese processuali e di custodia cautelare e le spese di giudizio delle parti civili; il termine per il deposito delle motivazioni e’ stato fissato in 90 giorni. L’uomo era stato condannato in primo grado dalla Corte di Assise di Siracusa, il 21 luglio 2020. Il femminicidio venne commesso l’11 ottobre del 2018 in una abitazione del centro storico di Ragusa superiore.

Fu un nipote che viveva con la nonna, Maria Zarba, 66 anni a fare la sconvolgente scoperta del cadavere della donna, un corpo massacrato e riverso a terra in un lago di sangue. La corsa per chiedere aiuto e l’arrivo dei soccorsi ma per la donna non c’era nulla da fare. Maria Zarba aveva tentato di difendersi. Lei era una donna molto conosciuta nel quartiere anche per le sue opere di bene; l’ex marito tecnico di laboratorio scolastico in pensione, nonostante la separazione era solito mangiare spesso con la madre dei suoi figli.

Le indagini condotte dalla Mobile di Ragusa si erano indirizzate subito sull’ex marito e sui contrasti che avrebbe avuto con la donna, riferiti dai suoi stessi famigliari. Non venne mai ritrovata l’arma del delitto, ma molti indizi che avrebbero condotto tutti verso l’anziano ex marito che si e’ sempre professato innocente. I biologi della Scientifica isolarono tracce ematiche sull’automobile dell’uomo, sugli indumenti e sull’orologio, indossati da Panascia al momento del fermo che venne effettuato quella notte; l’esame del dna porto’ a ricondurre quelle tracce di sangue proprio alla vittima.

La difesa di Panascia aveva sottolineato delle carenze investigative, come ad esempio una forbice temporale sull’orario della morte o la presenza di un secondo ingresso senza telecamere (Panascia era stato ripreso mentre entrava e usciva dall’ingresso principale) che avrebbe potuto favorire l’accesso in casa di un’altra persona. Per la pubblica accusa, granitiche le prove raccolte. I figli si erano costituiti parte civile allo scopo di contribuire all’accertamento della verita’, mantenendo massimo riserbo nel grande dolore per la perdita della mamma.

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