“OGGI LE AZIENDE AGRICOLE NON CREANO REDDITI MA DEBITI”

 Nel dibattito, molto partecipato, sui temi dell’agricoltura e dei mercati, interviene Francesco Portelli, vice presidente della Coldiretti di Comiso. “Le aziende agricole, fino a pochi anni fa caposaldo dell’economia ragusana, hanno smesso di creare reddito: oggi sono tutte in perdita. Il caso paradigmatico del ciliegino è eloquente. Produrre il ciliegino oggi costa a un’azienda 9 euro al metro quadro, per una resa che oscilla dai 9 ai 12 chili di prodotto annualmente e dei costi che si aggirano dallo 0,75 allo 0,90 centesimi. Per produrre reddito, che è il fine imprescindibile di un’azienda, il prodotto andrebbe venduto almeno a 1 euro, 1,20 netto al chilo, sempre salvo, naturalmente, ogni rischio connesso alla produzione”.

“L’anno scorso – continua Portelli – il prezzo medio di vendita è oscillato tra 0,60 e 0,70: ciò vuol dire che le aziende hanno subito solo perdite. Questo avviene da tre o quattro anni e anche quando qualche ciclo di produzione va a buon fine, quel guadagno serve solo a coprire le perdite del precedente”.

Francesco Portelli spiega le cause che hanno messo in ginocchio le aziende agricole siciliane. “Il problema, prima di tutto, è commerciale. L’oligopolio della GDO impone i prezzi drogando il mercato. C’è una sproporzione tra i prezzi di acquisto, imposti dagli acquirenti, e la vendita al minuto” E non solo: la GDO arriva financo a scaricare, paradossalmente, sui produttori i guadagni minori derivanti dalle sue campagna di promozioni e di sconti, imponendo in quei frangenti prezzi di acquisto ancor più bassi”.

“Da sempre si è intravista la soluzione nella debolezza commerciale dei produttori nella costituzione di un consorzio unico di vendita. Unico per tutta la zona trasformata da Porto Palo a Marsala. Lo scopo sarebbe stato quello di imporre un prezzo unico di vendita per acquisire più forza nella contrattazione. Ma le divisioni interne al fronte dei produttori hanno sempre pesato negativamente sulla possibilità di costituire un consorzio. Il caso della IGP di Pachino è lampante: sempre contrari, alla fine si sono ricreduti riconoscendo l’errore di frazionismo”.

Ma secondo Francesco Portelli si tratta di “soluzioni superate”: “La concorrenza delle economie aggressive dei paesi in via di sviluppo rende ormai inutile l’idea del consorzio di vendita: essa dà forza al ‘ricatto’ della GDO. E quindi tra concorrenza sleale, assenza di regole sindacali in quei paesi, nessuna sicurezza sul lavoro, sistema contributivo quasi nullo, fenomeni diffusi di sfruttamento del lavoro già di suo sottopagato, i costi di produzione sono incommensurabilmente più bassi dei nostri. L’Italia, peraltro, è carente per la sua parte: controlli di qualità previsti e non effettuati, assenza di controlli nei porti d’ingresso dei prodotti agricoli stranieri, tracciabilità prevista ma inesistente. Tutto ciò consente le frodi e la vendita di prodotti stranieri spacciati per nostri”.

L’analisi di Portelli prevede però una possibilità di crescita per le aziende agricole. “Vittime di questo stato di cose sono i produttori e i consumatori. La soluzione consiste nell’accorciare la filiera e ridurre i passaggi. Dal produttore al consumatore. Come? Attraverso la creazione, nelle grosse città e nei maggiori capoluoghi di provincia, di piattaforme di vendita direttamente ai cosiddetti gruppi di acquisto, che nelle grandi città sono sempre più numerosi e diffusi. Esistono, sparsi per il nostro Paese tante strutture ormai in disuso, in primis ex consorzi agrari, che potrebbero essere utilizzati allo scopo. Questo sistema di vendita consentirebbe di abbassare i prezzi sul mercato a vantaggio del consumatore e permettere alle nostre aziende di realizzare i giusti guadagni”.

“Facciamo in fretta – conclude Portelli -. Il mondo corre a ritmi vertiginosi e anche questa idea potrebbe, nel volgere di pochi anni, diventare obsoleta”.

 

 

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