Odissea all’aeroporto di Catania: lettera aperta al presidente Schifani. Ecco cosa succede

Odissea all’aeroporto di Catania. Del commercio, della dignità e dei viaggiatori. Lettera aperta al presidente Schifani

Gentile presidente Schifani, ma i suoi sopralluoghi all’aeroporto di Catania, oltre alla struttura, hanno posto l’attenzione sulle centinaia di persone in attesa di partire da Catania? Quelle all’esterno, ammassate in cerca di ombra sotto i gazebo – pochi – della Protezione Civile – o quelle in attese sotto il sole? Perché ci sono due ipotesi: o Lei le ha viste o non gliele hanno fatte vedere. Era il 16 luglio, notte fonda, quando è scoppiato l’incendio all’aeroporto di Catania. 

ECCO LA SITUAZIONE REALE DI IERI 4 AGOSTO

Ieri, 4 agosto 2023 passeggeri davanti al Terminal C. Due blocchi ai due ingressi stabiliti. Il primo, riservato a passeggeri di Ryanair, in fila, sotto il sole, nel marciapiede parallelo alla corsia di arrivo dei bus, il secondo, laterale: voli Ita, Easyjet e Transavia, a quanto abbiamo capito. Probabilmente situazione che varia di giorno in giorno. Forse. Solo sapere quale sia la colonna a cui aggregarsi è già l’inizio di una odissea; hostess e steward – poliglotti, con una pettorina gialla – hanno solo un ‘tot’ di informazioni e non sempre sono le stesse. C’è la figlia di una signora anziana che ha bisogno di assistenza a terra, alla quale danno 3 indicazioni diverse. 

LA CACCIA ALL’OMBRA E DISABILI ABBANDONATI

Quando sei con bambini al seguito e una montagna di bagagli, con l’incubo che venga annullato il tuo volo, non hai tempo per correre da una parte all’altra, temendo anche di perdere un piccolo vantaggio d’ombra faticosamente conquistato. Nemmeno il signore anziano in carrozzina, una settantina d’anni, con la sua famiglia, addossato ad una vetrata, al sole, può ottenere un po’di ombra, non se la può conquistare… Aspetta lontano dalla calca, scuotendo ogni tanto la testa. Certo, riguarda anche la civiltà di chi non è disposto a fare un piccolo sacrificio per dare a lui un po’di ristoro, d’accordo, ma il personale a frotte di Sac che a turno fa la pausa nelle aree esterne non ci pensa proprio a intervenire. Possibile che quell’uomo appoggiato con la sua sedia a rotelle, alla vetrata che divide l’ingresso del Terminal C dalla nuova area allestita dall’aeronautica non venga visto da nessuno?

I RAGAZZI DAI GILET GIALLO

Un ragazzo di origini indiane con la pettorina gialla cerca di dare conforto a chi si rivolge a lui e ripete diverse volte: “Non si preoccupi, non è tutta fila quella che vede, sono persone che cercano ombra”. Ci sono tre/4 persone ‘in giallo’ davanti a ciascuno dei due ingressi del terminal C dedicato a TUTTE le partenze. Altre girano ai limiti di quelle masse umane e rispondono con cortesia. Non la stessa di altri operatori, senza pettorina, che pur indossando divise Sac, pochi casi in verità, ma che stridono con la situazione di emergenza , sono in pausa – anche questa, per carità, legittima e doverosa – ma che con grande sgarbo fanno finta di non sentire e di non capire o ti indicano a 100 metri la giubba gialla più vicina. E per fortuna, in questi gruppetti c’è sempre qualcuno che smorza i “non lo so, non lo deve chiedere a me” con un “non si preoccupi, come posso aiutare?”. 

L’ODISSEA DEL VIAGGIATORE

Arrivo ore 17. Volo previsto ore 20 (partirà alle 23.30). Indicazioni per arrivare in automobile al terminal delle partenze INESISTENTI. Solo due macchine della security a bloccare le corsie inibite per raggiungere l’aeroporto. Transeat. Arrivati al parcheggio, una marea umana. Primi 15 minuti a capire dove sarà il ‘primo ingresso’. Poi, fino alle 18,30 la spola, ogni volta scavalcando centinaia di persone, per arrivare al punto in cui i tre paladini che presidiano l’ingresso decidono della tua sorte, chiamando A VOCE, (ma quale megafono avete visto?) i voli i cui passeggeri possono entrare dentro l’aeroporto per fare check in e controlli di sicurezza. Qualche volta con passaparola la voce riesce a raggiungere le persone leggermente più distanti. Ma non sempre. Pensi signor Presidente che abbiamo incontrato una coppia di cittadini orientali con il figlioletto di tre anni. Avevano un carrello con i bagagli, due bottigliette d’acqua, un piatto di pasta con vegetali per il bambino, conservato in un contenitore da asporto. Non dormiranno per i prossimi anni: gettata al vento la loro amabile cultura e educazione, dopo ore di attesa, hanno letteralmente mollato il carrello, con tutta la spazzatura sopra, in mezzo al gazebo, lanciando due valigioni e voltandosi per dare un ultimo sguardo – con palpabile disagio – alla spazzatura che avevano lasciato e al piccolo gesto di inciviltà. Avevano paura di non farcela a scavalcare marea umana perché proprio in quel momento una delle signorine in giallo aveva annunciato la possibilità per i passeggeri del loro volo, di entrare nel terminal. Le ricordo che questo accade prima ancora di entrare nell’aeroporto. 

MA L’ORGANIZZAZIONE? 

Gentile Presidente, tanta brava gente si è sbracciata, ne siamo certi, ma l’organizzazione è un’altra cosa. E allora, per essere propositivi. Perché non sono stati allestiti all’esterno del terminal C due tabelloni luminosi – uno per ingresso -, con l’elenco dei voli CHIAMATI e l’indicazione dell’ingresso da raggiungere? Eppure sarebbero bastate poche risorse umane per aggiornare una schermata dedicata solo alle informazioni esterne, attenuando tensioni e preoccupazioni. La nostra grande Protezione civile – che è capace di montare ospedali da campo in tempi record -, posso pensare abbia solo una decina di gazebo e non una struttura adeguata, un punto di ‘ristoro’ visibile e individuabile per avere una bottiglietta di acqua? Pare ci sia stato del personale che distribuiva acqua e forse ghiaccioli, ma a dire il vero non mi è stato possibile individuarlo. Insomma, la percezione è che sembra quasi che la preoccupazione per l’aeroporto di Catania, sia un fatto commerciale e che gli aerei volino senza una componente fondamentale: i viaggiatori, con le loro storie, le loro necessità e urgenze, la loro dignità che in queste lunghe settimane è stata calpestata, anche la dignità dell’ultimo abbraccio. E sì, caro Presidente, gran parte del personale Sac e delle hostess e steward ha fatto di tutto per aiutare, come lo avrà fatto anche la Protezione civile, ma in una tale emergenza non basta. Ciò che sta succedendo a Catania è una ‘storia’ che verrà tramandata da tutti quei viaggiatori, bivaccati, sfiniti dalla stanchezza e dal caldo, da informazioni distorte e dalla incertezza. Chi ha fatto cosa? Non basta Presidente. Catania, aeroporto INTERNAZIONALE. Addì 4 agosto 2023. Sì, 2023.
Giada Drocker, giornalista e utente 

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