OCCORRE UN “NUOVO 25 APRILE”

La ricorrenza della festa della Liberazione in concomitanza con una serie di avvenimenti negativi che hanno posto in primo piano ruolo e finanziamenti ai partiti dovrebbe spingere tutti quelli che hanno realmente a cuore la democrazia a compiere uno sforzo di analisi sincera delle condizioni che hanno determinato un tasso elevato di antipolitica presso una parte notevole dei cittadini.

La condanna pressochè unanime che investe entità e modalità dei rimborsi elettorali non si ferma ovviamente al solo aspetto finanziario della questione:quella che è in gioco è la credibilità stessa dell’agire politico e del sistema che si manifesta attraverso gli attuali partiti. Sarebbe perciò riduttivo circoscrivere allo sdegno nei confronti dei milioni di euro percepiti e non spesi il motivo della distanza che si registra nei confronti della politica partitica.

Vi è un’esigenza di fondo che richiede una radicale riforma della politica stessa e delle sue forme organizzative:i vecchi partiti organizzati gerarchicamente, fondati sul tesseramento vero o presunto,scheletrificati nel gioco stantio delle correnti e dei leader di stagione,il carrierismo diffuso,la forte assenza di  ideologie e valori di riferimento, l’assenza di giovani dirigenti con idee nuove,l’abbarbicamento tenace di altri meno giovani nei quadri del potere non aiutano certamente a divincolare la democrazia dalle incrostazioni che si sono sedimentate ovunque.

Dispiace che non lo capiscano anche i rappresentanti dei maggiori partiti ai quali facciamo riferimento e ne è una controprova il progetto di legge n. 5123 Alfano, Bersani, Casini del 12 aprile scorso:in esso il vocabolo riduzione  dei finanziamenti ai partiti è inesistente, come inesistente è la possibilità di far restituire il non utilizzato o l’impiego dei milioni eccedenti  le spese elettorali sostenute a favore dell’occupazione giovanile. In questo quadro le lacrime televisive di qualche alto esponente di partito non bastano a ridare fiducia a chi deve fare i conti con le innumerevoli tasse locali, regionali e nazionali tutte le settimane. Il rischio di provvedimenti tardivi e insufficienti – verrà mai proposta la riduzione ad un quinto dei rimborsi? –  è sotto gli occhi di tutti.

Non possiamo e non dobbiamo nascondere il pericolo che i costi della politica diventino sempre più anche pericolosi costi per la democrazia.

Anche qui il ritardo sull’iter della riforma elettorale non aiuta l’ottimismo.

Occorrono, invece, un nuovo slancio e una nuova tensione che, paradossalmente, la crisi che viviamo potrebbe agevolare.

L’indignazione può essere una molla per cambiare, la questione morale che pure esiste può determinare una positiva reazione civica,l’allontanamento dalle forme tradizionali del partito “padrone” può costringere a vedere il nuovo che avanza nella società dell’informazione. La gravissima crisi occupazionale può ridimensionare le aspettative di tutti e costringere a tornare ad occuparsi delle grandi idee che hanno guidato la storia: la dignità del lavoro, la libera partecipazione alla vita sociale, il diritto di esprimere le proprie idee contro l’omologazione di corrente,la rinuncia alla cordata e l’impegno a far valere responsabilità e merito. Tutte cose semplici, ma difficili da superare da parte degli  inamovibili che si annidano nelle forme organizzate e autoreferenziali di certa politica e di certo associazionismo parasindacale.

C’è bisogno di una nuova liberazione: quella dalla malapolitica e dalle posizioni di rendita. 

E i valori di riferimento secondo noi  non possono che essere due, la Costituzione e il diritto al lavoro per tutti.

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