Non tornare indietro con “Opzione donna”. Lo chiede l’unione consumatori di Modica


La sezione di Modica dell’Unione nazionale consumatori interviene sulla questione del testo per la pensione Opzione Donna stata prorogata con notevoli modifiche dal Consiglio dei
Ministri con la legge di bilancio 2023.
“Tale pensione anticipata, si legge nella nota, ha origine remota è stata approvata nel 2004 dal II Governo Berlusconi, nella riforma pensionistica Maroni, era nata come strumento temporaneo e sperimentale, ma che per la sua utilità è stata poi annualmente prorogata fino alla Legge di Bilancio 2022. Dopo l’iniziale modifica che legava l’età di accesso al numero dei figli e la successiva frenata di tornare alla versione originaria, il testo finale rimodulato risulta molto ristretto e severo con forte riduzione rispetto a quello
attuale, con un innalzamento dell’età a 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo
di due anni e con almeno 35 anni di contributi.
L’ uscita risulta non solo vincolata al numero dei figli, ma riservata esclusivamente a tre
categorie di donne 1) caregiver che assistono coniuge o un parente con handicap; 2) con
invalidità o uguale al 74% 3) licenziate o dipendenti da aziende in crisi per le quali è attivo un
tavolo di confronto per la gestione della crisi, in quest’ultima ipotesi l’accesso con 58 anni di età.
Le scelte effettuate dal Governo Meloni sono state oggetto di polemiche e di critiche anche da parte dei
Giuristi,anche in merito alla costituzionalità e che hanno evidenziato una distinzione alquanto
“discriminatoria e penalizzante” vincolata anche al numero dei figli. E’ certo che quando una donna va
in pensione a 58 anni, a 59 o a 60 anni i figli dovrebbero essere già abbastanza grandi e non più
adolescenti e bisognosi delle cure della madri. La norma finirebbe per discriminare e penalizzare la
donne che per ragioni diverse non hanno messo al mondo i figli o per l’impossibilità di concepirli
Questo testo potrebbe sollevare rilievi di costituzionalità, molto marcati, in violazione al principio di
uguaglianza, di cui all’art. 3 della Costituzione, “ tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono
eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso , di razza, di lingua, di religione, di opinione
politiche , di condizioni personali e sociali”.
Tale doppio paletto introdotto nel testo definitivo limita notevolmente la platea dei beneficiari
riducendo in modo drammatico lo stanziamento delle risorse destinate a questa riforma per una spesa di
20,8 milioni contro i 110 dell’attuale versione. Tenuto conto, altresì, tale anticipazione pensionistica grava notevolmente nei confronti delle donne beneficiarie il tipo di calcolo è necessariamente contributivo, comportando una penalizzazione dell’assegno mensile che può variare dal 25 al 35 % circa dell’ importo complessivo della pensione.
La manovra è approdata con testo definitivo al parlamento il 28/11/2022 per l’esame e le modifiche da
parte delle Commissioni parlamentari, e che comunque deve essere approvata dal Parlamento entro il
mese di dicembre 2022, fino ad allora si potrà intervenire per la copertura e per un’ opportuna ed
adeguata modifica, non è comprensibile e giustificabile tornare indietro, considerato che tale
anticipazione pensionistica è stata già introdotta per le donne lavoratrici dal lontano 2004, e
d’allora è stata annualmente prorogata con legge finanziaria fino all’ultima finanziaria del 2022.

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