NON SONO UN PIANISTA

Raramente capita di imbattersi in qualcosa di interessante, ancora più raramente, in persone interessanti.

Ma ogni tanto, per fortuna, qualche grazia divina è concessa, ed ecco capitolare sotto i nostri occhi, uno degli artisti emergenti più promettenti nel panorama italiano, Francesco Leineri.

Nato a Palermo, dopo essersi accostato sin da piccolo allo studio del pianoforte, nel 2008 sotto la guida del M° V. Mandina intraprende gli studi di composizione, che poi proseguirà presso il Conservatorio Santa Cecilia con il M °  M. d’Amico.

Fra le sue molteplici opere, si annoverano , tra le più famose : “Come Jacob e Wilhelm – favole nella pentola a pressione – quattro microspettacoli su rielaborazioni di alcune favole dei fratelli Grimm, musiche originali per pianoforte, violino e personal computer – Di e con F. Leineri, E. Gallucci ; Riccardo II , di William Shakespeare , musiche originali per flauto traverso, pianoforte e

contrabbasso , regia di Antonio Ligas ; Il foglio brutto degli appunti belli ,dagli scritti di Daniil Charms musiche originali per pianoforte solo andato in scena al  Teatro Cometa Off.

Ma Francesco, tra gli innumerevoli meriti, ha anche quello di aver dato vita ad un nuovo genere di esibizione : il “concert-in-spettacolo”, proprio per eludere etichettature sciatte e banali, ed essere valorizzato (o svalorizzato) secondo canoni che mal si conciliano con la struttura , e l’idea, che stanno alla base delle sue creazioni.

“Non sono un pianista, e non sono un attore”, specifica il compositore, anche se ad assistere al suo “Tirez sur le pianiste” qualcuno potrebbe muovere  qualche da obiezione.

 Eppure il piano sul quale tenta di orientarci va ben oltre, spogliando il mezzo-teatro ed il mezzo-strumento , per condurci al centro del suo bersaglio policromatico: il significato.

Un elemento, quest’ultimo, presente in ogni nota, pausa, o suono che compongono le sue creazioni.

Niente è lasciato al caso, o al semplice gusto stilistico, e l’emblema della sua filosofia compositiva può essere considerato :”Brusio” , un decoupage in cui immagini, suoni, musica , rumori, ma soprattutto i silenzi, hanno la stessa valenza.

L’artista stesso afferma di non saper stabilire un confine tra i diversi concetti : ” E’ molto difficile da individuare, per me. In scena ho cercato di interrogarmi proprio su questo, ma è una domanda che  io stesso ho scelto di lasciare aperta.

Mi piacerebbe che ognuno, ad esibizione conclusa, potesse trovare la propria risposta dentro di sé.”

La cosa che sorprende , comunque , quando ci si trova davanti ad una mente tanto brillante da rasentare la genialità, è l’umiltà , un “biglietto da visita” assai raro di questi tempi, in cui la stima della persona sembra essere legata inscindibilmente alla considerazione di massa, o peggio, alla considerazione dei pochi produttori che, saccentemente, pretendono di promuovere artisti di qualità.

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