Non solo mare. Vacanze alternative nello Sciclitano. Visita alla necropoli con oltre 50 ipogei

La necropoli di San Biagio da visitare al tramonto. E’ una delle possibili tappe alle vacanze alternative che non siano solo spiaggia e mare ma anche storia e natura. Lasciare la costa, dopo essersi crogiolati al sole, immersi nelle acque limpide del mare e dopo aver gustato granite dai vari sapori, è quasi un obbligo per conoscere meglio il territorio. Dai noti siti archeologici di Cava Ispica e Kamarina si passa a quelli meno conosciuti ma non per questo meno importanti. Uno di questi è in territorio di Scicli.

Qui, basta uscire dalla città o dalle borgate della fascia costiera per raggiungere il vicino entroterra e contrada San Biagio-Cuturi, poco più di due chilometri fuori dal centro abitato, in particolare.

E’ qui che si trovano ricche di testimonianze storiche ed archeologiche che ne fanno il gioiello tardoromano del territorio. Una natura, quella che si gode in contrada San Biagio-Cuturi, arricchita dall’esistenza dei resti di una città parallela, la città funeraria. Zona ricca di storia, sita a nord della cittadina barocca con affaccio sul fiume Irminio. Esempio ne è l’esistenza dell’antica chiesetta di San Biagio, del Pozzo del Giudeo soggetto a vincolo etno-antropologico, di antichi casolari tra cui, di particolare interesse, è la “Casa Mormina”.

C’è poi il fiore all’occhiello dove si arriva da contrada Palazzola verso l’interno.

E’ una vecchia necropoli composta da oltre 50 tombe, scavate nella roccia che riaffiorano all’occhio umano e che sono soggette a vincolo archeologico. Gli ipogei, tutti scoperchiati e saccheggiati, sono disposti a gruppi o a coppie e si sviluppano su un terrapieno ben visibile dall’altopano degli Iblei. Le tombe, studiate ed analizzate dal canonico Pacetto fra l’Ottocento ed il Novecento, hanno rappresentato, nel tempo, il maggiore insediamento funerario del territorio sciclitano.

Dalla città funeraria al “Pozzo del Giudeo”.

E’ un impianto di sollevamento d’acqua a trazione animale situato in contrada San Biagio-Cuturi. Esso rappresenta una delle più interessanti testimonianze di un sistema preindustriale di attingimento delle acque che trae origine da quelli realizzati in Europa nel periodo dell’invasione islamica. Sull’impianto di sollevamento esiste un vincolo etno-antropologico apposto dalla Sovrintendenza ai beni culturali ed ambientali.

L’importanza del sito di San Biagio-Cuturi è avvalorata da un secondo vincolo risalente al gennaio del 2015. E’ dell’Assessorato regionale ai beni culturali ed ambientali.

Con questo nuovo vincolo l’area attorno alla “Necropoli di San Biagio” è stata ampliata quasi del doppio, così da tutelare in maniera concreta una zona ad alto interesse archeologico. Ciò è stato fatto dopo che la Regione ha riscontrato tramite l’intervento della Soprintendenza retta all’epoca dalla dottoressa Rosalba Panvini, in contrada San Biagio a nord-ovest e a valle del sito della necropoli in prossimità di una delle cave d’argilla presenti nella zona, proprio dove insiste il rudere di un antico fabbricato rurale, oggi diruto, la presenza di una fossa sepolcrale della stessa tipologia di quelle della necropoli di San Biagio-Cuturi ed un ipogeo ostruito da pietrame di riempimento. Naturalmente l’intervento immediato è stato il vincolo a questa zona nel rispetto dell’importanza dei ritrovamenti che possono diventare, anzi debbono diventare, le testimonianze, rare, di luoghi del cuore dove è racchiusa la storia di un territorio.

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