Nel 2020 il gioco pubblico in Italia o muore o rinasce

Il mondo del gioco legale in Italia ha affrontato, a cavallo tra 2018 e 2019, più tempeste che in tutta Europa: prima c’è stato il Decreto Dignità, la misura voluta dal Movimento Cinque Stelle, all’epoca in sinergia con la Lega, che introduceva il divieto totale di pubblicità sul gioco d’azzardo. Ma non solo, perché nel 2019 il Prelievo Erariale Unico (PREU), è arrivato ad un ennesimo incremento, il terzo, ed è ormai alle stelle. La tassazione altissima sugli apparecchi da intrattenimento e le casse ormai insanguinate di tutta la filiera, aggiunte ad altre sfumature normative, come quelle che vanno a ridurre il payout del 3%, riducendo al 65% la percentuale di vincita, fanno la differenza. Resta una sola, applicabile soluzione, che però passa sempre più inosservata. Quella, cioè, del tanto atteso riordino.

Situazione complessa e variegata, come comprensibile, per il gioco pubblico in Italia. Mentre continua a tenere banco la “questione territoriale”, laddove si intende il quadro frastagliato, e frazionato, di tutta una penisola, con normative e leggi che cambiando da comune a comune, e da regione a regione, rendono la situazione ancora più complicata. Se si aggiunge poi che lo Stato è del tutto assente, a meno che non si tratti di tassare e percuotere, la frittata è fatta. Le discussioni sono andate via via aumentando anche dopo la nuova Manovra di Bilancio, che ha aggiunto ancora, anziché togliere, che ha percosso e non ha dato nessuno spunto ad un settore che ha chiesto chiarezza e dialogo.  Un quadro a tinte fosche, mentre il Governo continua nel suo silenzio senza prendere in mano la situazione come converrebbe. Anzi, facendo il contrario: ignorando, anche le normative se vogliamo. Una impasse vero e proprio, quando basterebbe un minimo sindacale per ribaltare completamente la situazione. Superando, contestualmente, leggi regionali e normative che rendono la situazione sempre più grave.

Eppure, il quadro all’indomani della Conferenza Stato-Regioni del 2017 doveva essere completamente diverso: si gettarono le basi per un riordino, barlume di speranza per l’industria, ma rimasto semplicemente una chiacchierata. Infine è giunto il 2020, l’anno in cui il comparto non tornerà mai più indietro. O rinasce, giustamente, oppure muore. “Al di là di tasse, manovre, aumenti. Il settore gioco ha necessità di tornare, anzitutto, al centro di un dialogo che comprenda progetti, propositi e intenzioni prima di tutto da parte del governo che, sicuramente, dovrà impegnarsi a garanzia del giusto livello di tutela di salute e ordine pubblico. Anche all’impresa occorrerà la libertà necessaria per operare liberamente sul mercato, sostenendolo e non sfiduciandolo”, commenta Orazio Rotunno sul blog Gaming Insider.

Occorre fissare degli obiettivi, etici, morali, economici. Per rialzare un settore, forse già compromesso”, prosegue l’editorialista. “Una situazione in cui è precipitato tutto il Paese: ora c’è da risalire la china dopo aver toccato, non ancora del tutto, il fondo. Un paradosso a tutti gli effetti ma inevitabile, nel 2020: l’anno massimo della crisi da riconvertire in rilancio. Stavolta davvero. Stavolta definitivamente”.

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