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Muore dopo venti giorni di agonia l’uomo ferito sul lavoro a Modica: la notizia emerge solo ora grazie al post del nipote
31 Mag 2025 10:47
(ha collaborato Pinella Drago) Un mese di silenzio. Eppure il dramma c’è stato, ed è stato devastante. È accaduto il 6 maggio scorso, poco dopo le 7 del mattino, all’inizio della giornata lavorativa, in contrada San Filippo a Modica. Tonino Macauda – di cui oggi apprendiamo il nome solo grazie alle parole commosse del nipote – è rimasto gravemente ferito in un incidente sul lavoro sulle cui dinamiche comunque ancora non c’è assoluta chiarezza ed indagini sono ancora in corso. Secondo quanto ricostruito, mentre si trovava sul luogo di lavoro, una pesante pedana in legno gli sarebbe precipitata sulla testa, causandogli un violento trauma e lesioni gravissime. Altre versioni invece accrediterebbero un malore del lavoratore che avrebbe causato la caduta dal ponteggio. Sul posto intervenne la Polizia di Stato, per competenza territoriale, e l’uomo fu trasportato d’urgenza a Catania, dove è rimasto ricoverato in condizioni critiche per venti giorni, fino al decesso. La salma è ancora a disposizione dell’autorità giudiziaria per l’autopsia che dovrà accertaree le reali cause della morte.
Ma della vicenda, incredibilmente, non si è saputo nulla. Nessuna comunicazione ufficiale. Solo ora, a venticinque giorni di distanza, si apprende la notizia grazie a un post pubblicato sui social da un familiare, il nipote, che scrive: «Stasera va ad Antonio, per tutti noi semplicemente Tonino, mio zio. Il 6 maggio è rimasto gravemente ferito sul luogo di lavoro. Dopo venti giorni davvero duri, ci ha lasciati». Un silenzio che fa rumore, e che solleva più di una domanda. «È stato uno strano silenzio», scrive ancora il nipote. E in effetti è così: l’assenza di informazioni ufficiali su un evento tanto grave appare sconcertante. Questa vicenda riapre – ancora una volta – il tema della sicurezza sul lavoro, troppo spesso relegato a margine finché non si trasforma in tragedia. E lascia l’amaro in bocca la constatazione che solo il dolore personale e la voce dei social riescano, talvolta, a rompere l’indifferenza. È doveroso ora che le autorità preposte facciano piena luce su quanto accaduto e sulle eventuali responsabilità. Un uomo ha perso la vita. E il silenzio, stavolta, è una seconda ferita.
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