È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
MINIMO VITALE. UNA POSSIBILE SCELTA PER CONTRASTARE IL CLIENTELARISMO
20 Lug 2010 20:49
Antonio La Spina, sociologo, e Pietro Busetta, economista, riportano alla pubblica opinione il concetto di “minimo vitale”, uno strumento di sostegno del reddito che scatta automaticamente senza alcuna discrezionalità. Un diritto, non una concessione. Per molti è un oggetto misterioso, eppure economisti e sociologi se ne occupano da anni. In quasi tutti i paesi europei, il minimo vitale è stato adottato. In Italia non è riuscito a catturare l’attenzione della politica e delle istituzioni. Il tema è stato affrontato nel corso della tavola rotonda svoltasi nella sede della Confindustria di Palermo (l’occasione, Report Sicilia della Fondazione Curella e Citizen monitoring della Marketing Managment). Secondo gli studiosi intervistati il minimo vitale salverebbe da contratti onerosi la pubblica amministrazione ridistribuendo il reddito a favore di chi non ha niente. L’Unione Europea ci consiglia e suggerisce di guardare alla Danimarca come esempio di successo. Si chiama flex security, prevede tre o quattro anni di sostegno e viene adottato insieme alla libertà di licenziamento”. La Flex-security in effetti del minimo vitale costituisce la versione più aggiornata, è oggi raccomandata dall’Ue a tutti gli Stati membri come uno strumento principe della strategia di Lisbona. Quello della Flexicurity è un approccio a vasto raggio nelle politiche relative al mercato del lavoro, che combina una sufficiente flessibilità nei meccanismi contrattuali – tale da consentire sia alle imprese che ai lavoratori di misurarsi con il cambiamento – con la previsione della sicurezza a vantaggio dei lavoratori: sicurezza di mantenere il proprio posto di lavoro, ovvero di trovarne rapidamente uno nuovo, con la garanzia di un reddito adeguato tra un’occupazione e l’altra. In sintesi una sorta di ammortizzatore sociale che sostituisce la cassa integrazione, il precariato ed abolisce lo Statuto dei lavoratori. “Una rivoluzione che ha incontrato nemici acerrimi a destra, sinistra e centro”, chiarisce il prof. Pietro Busetta. “Fa cadere molti tabù, taglia i viveri ai politicanti – continua l’economista – poiché essendo un diritto di fatto smantellerebbe il clientelismo nella ricerca del posto di lavoro”. In Italia il minimo vitale è stato proposto nel 1997 dalla Commissione Onofri, nominata dal primo Governo Prodi e composta di alcuni dei massimi esperti della materia (professori, effettivamente, giacché nessuno è perfetto). In quel momento il Pd ancora non c’era. La proposta era a costo zero, appunto a condizione di reperire le risorse abolendo gli assegni familiari e intervenendo sulla previdenza, per allungare l’età pensionabile. Si trattava di togliere qualcosa a chi era più garantito per darla a chi era meno garantito o non era garantito affatto (cioè i meno abbienti e le giovani generazioni). Proprio la necessità di incidere sulle pensioni causò l’opposizione di Rifondazione Comunista, che fu decisiva. Da allora il rapporto della Commissione Onofri non incise più di tanto nelle scelte della politica. In effetti il PD ha poi fatto anche dei tentativi concreti a livello regionale (in Lazio o in Campania, ad esempio) ma senza giungere a risultati concreti. In un periodo difficile, in cui i politicanti chiedono sempre più sacrifici, si potrebbe provare a fare una scelta sostanziale, magari più adatta ai tempi che stiamo vivendo. Probabilmente sarebbe una scelta sensata, invece di rimanere immobile cercando di resistere nella speranza che la crisi non ci danneggi più di tanto. (l.c.)
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