MIMETISMO MOLECOLARE

Alcune molecole (appartenenti alla famiglia delle citochine) secrete dai tumori sono in grado di agire direttamente sui recettori espressi dai globuli bianchi.

Queste sostanze sono in grado di inviare messaggi da una cellula ad un’altra e di coordinare la risposta immunitaria.

Le chemochine (citochine a basso peso molecolare) sembra invece che  inviino segnali specifici di reclutamento dei macrofagi (leucociti).

Esprimendo elevati livelli di citochine e chemochine i tumori concorrono all’alterazione della normale risposta immunitaria creando un microambiente tumorale dove i globuli bianchi vengono attratti e dove viene alterato il loro assetto molecolare. Il risultato è l’incapacità di attivare risposte antitumorali efficaci e l’attivazione di funzioni pro-tumorali.

Ma questo “problema” del sistema immunitario  potrebbe invece oggi rivelarsi un “effetto boomerang” per il tumore stesso.

Il recente studio pubblicato su Nature Nanotecnology, opera di una giovanissima ricercatrice italiana, ha gettato le basi di un nuovo approccio nella cura dei tumori.

La d.ssa Nicoletta Quattrocchi, 29 anni, prima presso il NanoMib (centro di ricerca sulle nanotecnologie dell’Università Bicocca di Milano), poi in Texas presso il Methodist Hospital System Research Institute di Houston, ha ideato un metodo che permette di far arrivare direttamente alle cellule cancerogene i farmaci antitumorali, rivestendoli di una sorta di “mimetica” che permetterebbe loro di eludere il sistema immunitario che altrimente potrebbe neutralizzarli.

L’efficacia terapeutica di farmaci sistemici dipende dalla loro capacità di aggirare il sistema immunitario, attraversare le barriere biologiche del corpo e raggiungere i tessuti bersaglio. Come visto sopra, i leucociti sono in possesso di tutte queste proprietà  esercitando la loro capacità di targeting attraverso le interazioni con le membrane cellulari.

“E’ noto – ricorda la ricercatrice – che in presenza di processi infiammatori, quale ad esempio un tumore, le cellule bianche del sistema immunitario, dette leucociti, sono capaci di passare dal circolo sanguigno al sito infiammato grazie al coinvolgimento di specifiche proteine espresse sulle loro membrane cellulari”.

Nello studio si è dimostrato che nanoparticelle di silicio poroso (nelle quali sono adsorbiti i farmaci) possono eseguire correttamente tutte queste azioni quando vengono rivestite con membrane cellulari purificate dai leucociti. Queste particelle ibride, denominate vettori leukolike, possono evitare di essere eliminati dal sistema immunitario. Inoltre, essi possono comunicare con le cellule endoteliali attraverso interazioni recettore-ligando, e trasportare e rilasciare un payload (cioè il carico utile rappresentato dai farmaci antitumorali) attraverso l’endotelio tumorale infiammato. Inoltre, i vettori leukolike quando iniettati in vivo permangono a lungo nel circolo sistemico con conseguente maggior accumulo nei tessuti interessati dal tumore.

Si riesce così ad ingannare il sistema immunitario rivestendo i farmaci che come microscopici Cavalli di Troia  arrivano dritti sulle cellule cancerogene.

Questi i risultati raggiunti dalla ricercatrice, che con il contributo di Alessandro Parodi dello stesso Dipartimento di Houston e del Dipartimento di oncologia sperimentale dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, ha dimostrato in vitro la capacità di questo sistema di sfuggire al riconoscimento del sistema immunitario e di interagire e trasmigrare attraverso un modello di sistema endoteliale.

Queste proprietà sono state ancora solamente confermate su modelli animali che si traducono in una incrementata permanenza del farmaco nel circolo sanguigno e in un conseguente accumulo nel tessuto tumorale.

“I dati ottenuti – precisa Quattrocchi – dovranno essere confermati” sull’uomo “attraverso studi clinici per provarne stabilità, immunogenicità, possibilità di migliorare la capacità di colpire il tumore e versatilità, ovvero l’applicazione in campi differenti da quelli presi in considerazione nella ricerca”.

“La nanomedicina è un settore estremamente promettente della ricerca scientifica – assicura Massimo Masserini, ordinario di biochimica e direttore di NanoMib – Nel nostro ateneo, Nicoletta Quattrocchi si è occupata della sintesi di nanoparticelle per la terapia di malattie neurodegenerative. Il suo percorso dimostra come i giovani laureati di Milano-Bicocca ad alto potenziale riescono a mettersi in luce anche presso importanti laboratori di ricerca esteri”.

Nel prossimo futuro si spera di poter sfruttare questa nuova metodica verso tutte quelle patologie di natura infiammatoria (come anche l’aterosclerosi), caratterizzate dall’esodo di globuli bianchi dal circolo sanguigno al tessuto infiammato. 

 

 

 

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