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MENTRE RENZI FA COSE…
13 Nov 2015 14:48
Un amico mi ripete spesso che il tempo delle ideologie è finito, sottintendendomi con l’espressione del volto persino una forma qualsiasi di “per fortuna”, ciò in causa del fatto che oggi dovrebbe essere giunto irrimediabilmente il momento del “fare”. Egli è ovviamente un “renziano”. Non faccio fatica a rilevare l’inettitudine della classe politica italiana dell’ultimo trentennio, e dunque mi rendo conto di quanto lungamente attesa sia stata l’epifania del pragmatismo. Mi permetto persino di farmene alfiere per qualche battuta sulla tastiera e avanzare l’auspicio che il fare infine faccia anche più di ciò che attualmente fa. È innegabile, infatti, la sensazione di dubbio che sembra aver colto la civiltà occidentale sin dal suo appressarsi alle soglie del millennio nuovo da poco intrapreso. Ebbene, penso, se l’aria è stantia, non basta aprire le finestre, o darsi da fare in casa pur di non restar fermi a respirare mortifere esalazioni. È forse giunto il momento, in realtà, di “cambiar casa”, o quanto meno ristrutturarla in maniera importante, se vogliamo restare alla metafora.
La presunta vanità dello sforzo potrebbe indurre alla noia, al rilassamento, specie se si ha l’impressione che qualcosa comunque la si stia facendo, pur non avendo nozioni precise di ciò in cui essa effettivamente consista. Sarebbe molto meglio non rilassarsi sul dato di fatto e cominciare subito a farsi delle idee, costruire delle utopie e fondare nuove ideologie, questo è il punto. Le vecchie ideologie, malgrado tutto, hanno cercato di segnare il lavoro degli interpreti nel travagliato e brevissimo novecento. Non è andata bene, non è andata male. Ciò che conta è analizzare con ragionevolezza i dati. Oggi, probabilmente, occorrono nuove escatologie, forse anche dal punto di vista mistico-religioso (dacché il Cristianesimo appare stanco nel messaggio, così come del resto anche l’affine Islam). Quindi, per nulla attirato dall’idea di inventarmi io qualche idea, e per nulla portato a teorizzare ideologie nuove, cercherò di convincere il mio amico che nel nostro piccolo (il piccolissimo che riguarda me e lui) non occorre per forza pensare di creare, cosa che potrebbe condurre alla millanteria e la vanagloria, ma perlomeno predisporsi a farlo dal punto di vista universale, generale, come civiltà. Occorre farlo poiché la cosa è buona e giusta!
L’ideologia è come una scatola entro cui riporre i pezzi di un gioco che altrimenti rischierebbero di andare dispersi, perduti per sempre. L’ideologia è anche un calmiere delle pretese, un metro cui rapportare le ambizioni individuali, e dunque un modo di fare sistema. È dunque una maniera di ordinare la società e organizzarla in un progressivo percorso di miglioramento sino all’escatologia utopica. Quest’ultima sarà forse irraggiungibile, come la santità per la media dei cattolici, come l’uguale distanza dei singoli cittadini dalla realizzazione finale della convivialità nel sistema socialista, come il mercato realmente libero per i liberali, tuttavia – come già detto – serve come mira-ambizione-ultima verso cui rendersi perfettibili. Dei sogni l’uomo ha necessità, per crescere e per evolversi, senza di essi la vita diventa barbarie e regresso in cupio dissolvi (così appare oggi). I sogni piccoli sono irrealizzabili, o privi di alcun senso, se non fanno parte di un grande sogno, di un’ambizione di progresso civile e sociale. Il Tutto non può prescindere dall’idea che ce ne facciamo.
Renzi sta facendo cose, nessuno lo mette in dubbio, occorre solo capire in quale contesto ideale bisognerebbe inserirle in futuro. Occorre individuare il modo di sistematizzare tutto ciò che si è fatto, malgrado tutto, e si farà in futuro. Immagino anche che qualora si costruisse un sistema, forse si comincerebbe a fare di più, non indulgendo nel consolatorio ragionare fatuo su minimi miglioramenti decimali nelle percentuali delle statistiche del mercato produttivista. Penso che lo sguardo da urbanista potrebbe aiutare le grandi menti illuminate del Mondo a ragionare sulle idee, così bisognerebbe pensarsi come all’interno di una grande città in via di strutturazione incontrollata ed eterogenea, per di più nel dubbio esistenziale che manchi ancora la necessità di individuare un luogo dove sistemare la piazza principale. Se la piazza è il luogo di raccolta, ossia l’escatologia di ogni città, quale luogo ideologico di arrivo possiamo immaginare per l’umanità?
Ancora un inciso, quasi in forma di post scriptum: io non so che altro dire, o scrivere, per convincere il mio amico della bontà di qualunque azione politica che non prescinde da un rapporto di causa-effetto con la necessità ideologia. È probabile che meno parole sarebbero risultate più utili. Tuttavia, spero, di averlo in qualche modo allarmato su un unico fatto, e cioè la radice etimologica comune di idea e ideologia.
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